Lotus 78: rivoluzione aerodinamica

Colin Chapman. Un nome storico nel mondo della Formula 1. Un innovatore, un visionario, un amante della tecnica, un uomo che ha regalato agli appassionati di motori una delle più belle, eleganti e rivoluzionarie vetture che abbiano mai calcato i circuiti del mondiale.

Stiamo parlando della Lotus 78. Il patron della scuderia, rimasto affascinato dall’utilizzo dell’effetto suolo della Chapparal 2J nelle gare americane, decide nel 1975, di affidare ad un équipe di tecnici formata da Tony Rudd, Peter Wright, Ralph Bellamy e Charles Prior, il progetto di una monoposto totalmente innovativa.

Il team di progettisti iniziò a studiare la possibilità di ricreare un effetto Venturi sfruttando la parte sottostante la vettura, così da poter garantire un maggior carico aerodinamico in curva senza penalizzare la velocità di punta. Lo fecero realizzando una vettura dotata di pance laterali conformate, nella parte inferiore, come un ala rovesciata, ossia stringendo il passaggio dell’aria fino a circa metà della lunghezza dell’auto, per poi gradualmente incrementare l’apertura nella zona delle ruote posteriori.

Per poter sfruttare al meglio questo condotto Venturi fu necessario sigillare con l’asfalto le pance laterali, e pertanto furono installate delle minigonne “a spazzola”, formate da una sorta di pettine in materiale plastico flessibile  che cercasse di seguire il più possibile il profilo dell’asfalto sfiorandolo.

Tuttavia, nel 1975, la vettura soffriva di alcuni problemi, in particolare riguardanti il materiale utilizzato per le minigonne, poichè queste a velocità elevata, essendo troppo flessibili venivano piegate in direzioni varie dalla forza dell’aria, vanificando quindi la sigillatura del condotto in depressione. Il problema fu risolto mediante l’adozione di bandelle rigide in materiale ceramico, associate a delle molle precaricate che spingevano le minigonne in senso contrario alla forza dell’aria.

Il 1977 vede finalmente il battesimo della 78 in pista, ma problemi di affidabilità fino a metà stagione impediscono a Mario Andretti di poter lottare per il campionato vinto da Niki Lauda sulla Ferrari 312T2. Gli avversari, tuttavia, comprendono subito che la strada seguita da Chapman sarà vincente, ed infatti, l’anno seguente la Lotus 79 domina la stagione e consente ad Andretti di laurearsi campione del mondo (1978).

La Lotus tuttavia deve fare i conti anche con la assurda scomparsa di Ronnie Peterson, deceduto a seguito del terribile incidente verificatosi alla partenza del Gp di Monza e che, per molto tempo, ha visto sul banco dei colpevoli un innocente Riccardo Patrese.

Il dominio del 1978 non si ripete nella stagione successiva, dove tornerà a trionfare la Ferrari con Schecketer e la 312 T2. Da quel momento inizia una fase di lento declino per la scuderia inglese.

Chapman continua a seguire idee rivoluzionarie che tuttavia non danno i risultati sperati, come ad esempio la poco competitiva Lotus 88 che utilizzava un ingegnoso sistema composto da due telai, uno interno all’altro. Il telaio più interno ospitava l’abitacolo e poteva essere ammortizzato indipendentemente da quello esterno che era invece progettato per sostenere la pressione generata dall’effetto suolo. Quello esterno non aveva ali ed era in realtà un enorme sistema che doveva generare l’ effetto suolo. Il sistema iniziava subito dietro al muso della vettura e si estendeva fino alle ruote posteriori producendo un enorme valore di deportanza.

Nonostante le continue innovazioni, la Lotus non riuscirà più a vincere un mondiale, tuttavia la 78 resterà nei cuori degli appassionati per aver regalato al mondo non solo una vettura elegantissima nella sua livera nero – oro dello sponsor John Player Special, ma anche per aver rivoluzionato l’intero concetto di aerodinamica fino ad allora applicato alle vetture di Formula 1.

 

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