Focus GP Malesia: aerodinamica, gomme e strategie

Domenica ero al simulatore, insieme a Thomas Biagi, a preparare un giovane pilota di F3 che si appresta alla sua prima gara nella categoria a Valencia. A più riprese ho visto il GP della Malesia, dal risultato imprevedibile e dal finale fantastico. Ed in questo contesto ho pensato a tre argomenti di cui vi parlo oggi:
1) qual è il punto di partenza per lo sviluppo aerodinamico di una F1
2) quali sono le possibili ragioni per cui la pioggia può cambiare i valori prestazionali in pista
3) le strategie del GP Malesia viste nell’ottica delle gomme da bagnato

Sento spesso parlare di DRS, di F-Duct della Mercedes e di velocità massime delle varie vetture. Mi sono convinto del tutto a parlarvene quando ho letto l’intervista dell’amico Stefano Domenicali che individuava nella velocità di punta un’area di miglioramento della F2012. Quando – intorno a metà stagione – un direttore tecnico e  il suo gruppo si apprestano a lavorare sulla nuova vettura, una delle prime cose che deve fare è fissare un dato di progetto molto preciso: il drag della vettura in una configurazione aerodinamica di base. Mi spiego meglio: il progettista deve fissare quello che sarà il coefficiente (Cd = drag coefficient) di penetrazione aerodinamica massimo che vuole pagare per ottenere poi un certo carico aerodinamico (Cl = lift coefficient). Così facendo impone quello che sarà il valore di velocità massima della sua vettura in configurazione aerodinamica di base (tralascio di parlare di Monza e di SPA che necessitano di un lavoro a parte e specifico).

Una volta impostato il Cd si lavorerà in galleria del vento per cercare di ricavare il maggior carico possibile (Cl) studiando aree come lo scivolo, l’ala anteriore, le prese aria freno, splitter vari, etc. sempre mantenendo il valore di Cd costante. Da cari amici che hanno lavorato anche in Red Bull so che Adrian Newey non parte dal Cd ma dalla efficienza aerodinamica della vettura, che altro non è che il rapporto tra Cl e Cd (Efficienza = Cl/Cd). Questo approccio non sposta molto il concetto che sto cercando di descrivervi. Certamente, l’efficienza è il parametro fondamentale di una vettura di F1, perché esprime il concetto di quanto si guadagna in termine di carico aerodinamico: il Cl da vedersi come un UTILE in una azienda qualsiasi, il Cd da vedersi come COSTO. Fissare il Cd equiavale a stabilire il valore di velocità massima della configurazione aerodinamica di base della vettura.
Andiamo a prendere le velocità fatte da McLaren, Lotus, Red Bull, Mercedes e Ferrari in Malesia sia con DRS attivo che senza DRS e mettiamole in una tabella:

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Sorge subito spontaneo pensare che le varie squadre siano partite con valori di Cd di progettazione alquanto diversi. E’ una vera e propria scommessa, perché tornare indietro a stagione in corso non è facile. Si nota come Mercedes, Lotus e McLaren hanno dato importanza alla velocità massima, mentre posso pensare che Red Bull e Ferrari si siano concentrate a generare carico. Infatti, se si imposta un Cd alto di partenza vuol dire che si parte già con un valore di Cl alto, stando in un range di una buona efficienza aerodinamica (potrebbe essere che queste squadre abbiano pensato che il DRS usato in qualifica potesse venire incontro a questa scelta di meno velocità di base).

Mi sono divertito a fare un’analisi utilizzando il nostro simulatore in GRIDGP. Grazie a Wintax (la telemetria che usiamo per la F1) abbiamo realizzato una serie di comparazioni tra le varie vetture isolando solo i due rettilinei principali. Ovvero, prendendo in considerazione solo i due rettilinei principali, in base alle differenze di velocità si può vedere che il laptime perso dalle varie macchine rispetto alla Mercedes, che è la più veloce, risulta essere:

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Da quello che si vede si possono avanzare una serie di teorie:
– malgrado Red Bull perda nei due soli rettilinei 0.7 secondi rispetto Mercedes (perderebbe ancora di più se si considerassero tutti i tratti no grip limited, ovvero a piena farfalla), nel giro complessivo perde solo 0.1 secondi . Questo vuol dire che in curva la vettura di Vettel va più veloce rispetto la vettura di Schumacher, dimostrando di avere molto più carico aerodinamico. Ciò spiega in parte il vantaggio in termini di passo gara che Red Bull dimostra rispetto Mercedes. Il laptime tra le due vetture è praticamente simile, quindi mi porta a pensare che il valore dell’efficienza delle due vetture sia molto vicino, ma Mercedes fa il tempo grazie alla velocità mentre Red Bull grazie al carico aerodinamico. Nel momento che si hanno gomme usate, la vettura che ha poco carico tende ad essere penalizzata perché in gara, come vedremo dopo, non si può sempre utilizzare il DRS e le differenze delle velocità di riducono.
– Alla Lotus, pur facendo una velocità di tutto rispetto – quindi è ipotizzabile attribuirle un Cd basso – riesce comunque a guadagnare nel giro complessivo dimostrando di avere un Cl maggiore rispetto Mercedes.
La McLaren è quella che nel compromesso sembra essere messa meglio di tutte. Infatti perde “solo” 0.3 secondi in rettilineo, ma comunque sopravanza nel giro complessivo, dimostrando una buona velocità ed un ottimo carico aerodinamico.
La Ferrari è un po’ la nota dolente, in quanto perde molto in velocità e continua a perdere anche nelle curve, dimostrando di avere poco carico aerodinamico. In pratica paga molto (Cd molto alto) per avere un utile (Cl ) basso.

Proviamo a fare la stessa analisi anche con le velocità in gara senza DRS. Troviamo:

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Come si vede la situazione cambia un pochino:
– La mercedes non è la più veloce e quindi nasce il sospetto che il sistema F-duct lavori abbastanza bene e sia un vantaggio tangibile
Le velocità diventano molto più vicine tra loro e, a questo punto, conta parecchio il carico aerodinamico e la Red Bull comincia a trarne vantaggio. Il suo problema è che parte indietro per i motivi esposti sopra e perde troppo tempo a recuperare posizioni, anche perché McLaren e Lotus hanno aumentato di molto la loro prestazione rispetto il 2011.
Se fossi in Red Bull, lavorerei molto sul Cd con DRS in modo da aumentare la velocità di punta della vettura.
Ricordo che nel 2003 la Ferrari F2003GA era una vettura con una efficienza aerodinamica incredibile, ma che aveva però poco carico. Esprimeva alte velocità, ma in gara soffriva di consistenza, ma Michael gestiva quella situazione in maniera fantastica. Questa è una caratteristica un po’ simile alla Mercedes di oggi, anche se non conosco nel particolare quello che possa essere il bilancio meccanico della W03. Quello della F2003GA era fantastico.

Punto 2: perché con il bagnato si può capovolgere la situazione dei valori in pista tra le varie vetture.
In Malesia è stato quasi sempre asciutto fino alla gara. Piloti e Team si sono trovati a gestire in gara situazioni sconosciute che hanno portato a facili errori di gestione della vettura. L’assetto meccanico ed aerodinamico della monoposto va cambiato quando si passa da asciutto a bagnato. La regola del parc fermè – che ritengo essere una di quelle regole da togliere immediatamente – impone che rimanga invariato l’assetto tra qualifica e gara, eccezion fatta per la regolazione del flap anteriore, delle prese d’aria freni e del cooling in generale. Di conseguenza, potrebbe esserci stato qualche team che ha scommesso sulla presenza della pioggia in gara, sacrificando le qualifiche, per avere una vettura più idonea sul bagnato. Poi c’è un altro aspetto meno noto ai tanti, che e’ quello della pressione delle gomme. Dovete sapere che azzeccare le pressioni gomme sul bagnato non è cosa semplicissima se non si è mai girato con la pioggia in quella pista e con quella vettura. Nel caso in cui un pilota, anche se dovesse avere la vettura migliore di tutta la griglia, si ritrovasse a guidare una macchina con delle pressioni basse, sarebbe impossibilitato a produrre laptime decenti.

Quando le pressioni sono basse, il feeling della vettura viene a mancare, ed il pilota trova un certo sfasamento tra il suo input e la reazione della macchina che diventa molto incostante. E se il pilota ha poca fiducia non può permettersi di spingere. Tutto questo porta a non scaldare le gomme, facendo scendere ancor di più le pressioni. La situazione troverà alla fine un equilibrio che avrà come caratteristica quella di avere pneumatici a temperatura basse, pressioni basse e laptime lenti. Questo può spiegare in parte le meravigliose imprese sul bagnato di piloti che guidavano vetture non certamente brillanti in termine di performance. Trovare il giusto compromesso è certamente migliore.

Passiamo ora al punto 3, le strategie del GP della Malesia. Sinceramente non voglio – e non mi piace – parlare a cose fatte, perché è sempre molto facile farlo, mentre è tremendamente difficile farlo durante la cosa, quando si hanno pochissimi secondi a disposizione per decidere cosa fare.
Ma c’è un aspetto della strategia attuata da Button, Rosberg e Massa da analizzare: il cambio gomme intermedie per montare un altro set intagliato con la pista che si asciugava. Dovete sapere che le intermedie sono gomme molto fragili e non appena la pista comincia a diventare umida tendono a sfaldarsi (lo facevano anche le Bridgestone) attraversando un periodo in cui generano pochissimo grip. Non appena il graining sia anteriore che posteriore tende a stabilizzarsi, e l’aspetto della gomma diventa quasi da slick, immediatamente le intermedie diventano molto performanti. Cambiare le gomme vuol dire di nuovo passare attraverso quella fase di sfaldamento che può durare anche più di 5 giri. La conseguenza è che mettere gomme intermedie nuove quando la pista tende ad asciugarsi è poco produttiva per la prestazione generale della vettura. Caso opposto in cui la gomma intermedia è “diventata slick” e ricomincia a piovere: entrare al box il prima possibile per mettere un set nuovo è d’obbligo. Il povero Felipe si è visto penalizzare la sua prestazione per via della strategia, malgrado una sua reazione positiva dimostrata durante il week end.

Volevo aggiungere un’ultima cosa. Mi sono emozionato moltissimo nel vedere piangere Peter Sauber, con cui ho lavorato nel lontano 1992-1993, e nel vedere Andrea Stella commuoversi nel parlare con Fernando a fine gara. Sono abbastanza sensibile pur essendo un omone grande grande. Andrea ha cominciato a far parte della squadra test tanti anni fa e mi ricordo ancora il suo primo giorno di scuola. Mi ha sempre chiamato maestro, ma credo che siamo giunti al punto in cui l’allievo ha proprio superato il maestro. Complimenti Andrea e… avanti tutta!

Un cordiale saluto,
Luigi Mazzola

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