GP di Cina: analisi tecnica e focus sulle strategie

Bellissima gara, la Mercedes ha finalmente vinto. Complimenti a Rosberg, una gara impeccabile. Il podio probabilmente rivela una verità che oramai si sta evidenziando con forza. Le McLaren sono le vetture da battere e, se è vero che Mercedes ha risolto i sui problemi di consistenza con le gomme (lasciatemelo vedere anche nelle prossime gare), credo che daranno del filo da torcere a Red Bull. Un po’ di note del week end di Cina:

Qualifica Q2-Q3. Anche l’amico Stefano Domenicali ha avuto difficoltà a capire cosa è successo in qualifica. Provo a dare una mia interpretazione. Torniamo un po’ indietro e guardiamo le FP3 prendendo come riferimento Hamilton, Webber e Alonso. Prima di tutto è bene sottolineare che quando ci sono scarti di laptime consistenti a pari benzina e pari configurazione aerodinamica, vuol dire che probabilmente le gomme stanno entrando nel problema in maniera sostanziale. Guardiamo la tabella:

PILOTA         FP3 (Low Fuel)   Q2 (Low Fuel)    Q3 (Low Fuel)
HAMILTON       1:35.94          1:35.90          1:35.62
WEBBER         1:36.63          1:35.70          1:36.29
ALONSO         1:37.46          1:35.98          1:36.62

In Fp3 si gira con poca benzina, in condizioni da qualifica, e dalla tabella si vede che Hamilton è stato abbastanza costante nei tempi, esattamente come Webber. Alonso, invece, migliora notevolmente in Q2 e peggiore nuovamente nella Q3. Dovete sapere che i compound differiscono tra loro non solo nella durezza, ma anche in un altro fattore che pochi potrebbero conoscere: il tyre temperature working range. Questa caratteristica del compound indica quale è il range di temperatura in cui il compound lavora in maniera ottimale. Ora la mescola “Prime” (PZero White Medium) di Cina era in low working range mentre quella “Option” (PZero Yellow Soft) erano in high working range. Cosa vuol dire? Low working range vuol dire che il compound delle PRIME lavora in maniera ottimale alle basse temperature di ambiente e asfalto, mentre il compound delle OPTION, pur essendo più morbide, lavora in un range di temperature ambiente e asfalto più alto. Attenzione però, perché in F1 bastano pochi gradi di temperatura ambiente o asfalto per fare la differenza.

Vi faccio un esempio: durante un wet tyre test invernale a Fiorano di qualche anno fa, pioveva e c’erano 6 gradi ambiente e asfalto. Le rain lavorano in very low working range (a bassissime temperature) e 6 gradi erano comunque troppo pochi. Mi ricordo che in pista c’era anche Hamashima – ex Bridgestone e oggi in forza alla Ferrari – che era disperato, in maniera tipicamente giapponese. E’ bastato aspettare 2 ore perché la temperatura salisse di 4 gradi e le gomme hanno cominciato a funzionare e a permettere il normale svolgimento del test. Questo per dirvi che probabilmente in Cina è successo qualcosa di simile: Alonso si è trovato in Q2 in una situazione in cui le gomme hanno lavorato benissimo, poi in Q3 le condizioni sono probabilmente cambiate e, pur non facendo nessun errore, ha perso 7 decimi solo per grip di gomme. Rosberg invece ha effettuato il giro all’inizio della Q3, avendo condizioni molto vicine a quelle della Q2. Inoltre, il tedesco dispone di una vettura che non ha problemi di riscaldamento degli pneumatici e questo potrebbe avergli evitato il problema avuto da Fernando. Anzi, magari il comportamento delle OPTION gli ha bilanciato ancora meglio la vettura. (Per spiegarvi questa affermazione ci vorrebbero altre pagine ed alla fine ne verrebbe fuori un libro!)

Qualche altra considerazione…

1. Le vetture che, in fase di progettazione, hanno dato poca importanza alla velocità di punta – leggi Red Bull e Ferrari – sono state penalizzate. Anche perché Mclaren e Mercedes hanno dimostrato un ottimo equilibrio tra carico aerodinamico e velocità di punta.

2. Vedere Webber impennarsi con la sua vettura mi ha fatto un certo effetto, di solito non si finisce la gara quando succedono quelle cose. Direi che è stato molto fortunato.

3. Lasciatemi fare i complimenti a Ross, credo che sia stato uno tra i miglior leader che abbia mai conosciuto. Devo a lui molto dei concetti di leadership che insegno alle aziende.

4. Raikkonen ha fatto una bellissima gara con una vettura veloce, ma non all’altezza di Mercedes, McLaren e Red Bull. Credo che il suo problema nel finale sia stato quello di essere uscito dalla traiettoria, raccogliendo con gli pneumatici una gran quantità di marbles (quei pezzettini di gomma che sono ad di fuori della traiettoria). Ripulire le gomme, già finite per la strategia di 2 pit stop, è praticamente impossibile e li si è giocato la sua gara.

Ho letto di strategie sbagliate della Ferrari. Non sono d’accordo. Hanno differenziato la strategia con i due piloti ed hanno fatto bene. Se Alonso avesse fatto 2 pit stop non avrebbe ottenuto una posizione migliore di quella conquistata, per il semplice motivo che un pit stop in meno lo avrebbe probabilmente messo davanti negli ultimi giri, ma con una vettura meno veloce, con meno carico e con gomme vecchie non avrebbe avuto chance di mantenere la posizione.

A tal proposito voglio parlarvi di come si elabora una strategia di gara e quali sono i parametri che i team utilizzano per “programmare” la corsa. Sarà una descrizione un po’ tecnica, ma spero che a qualcuno di voi possa piacere. La domanda che mi sento porre spesso è: come fa un team a decidere le strategie di gara? Quali sono i parametri che intervengono?

Conosco due approcci completamente diversi tra loro:
a) uno più deterministico che tende a “indovinare” i laptime che la vettura sarà in grado di fare in tutta la gara per le varie ipotesi di numeri di pit stop scelti ed in base ai valori di tempo perso per il pit stop, degrado gomme, usura gomme o drop off.
b) uno più statistico che, grazie ad un grande numero di simulazioni differenti tra loro per la scelta di diversi valori delle  variabili che si vogliono introdurre, per ogni soluzione di numeri di pit stop fissata, si ottiene una curva gaussiana probabilistica della velocità della gara, e quindi, se si fanno girare anche simulazioni delle altre vetture competitors, della classifica finale.

Devo dire che quest’ultimo approccio è un po’ fuorviante, in quanto mettendo tanti parametri variabili in un certo range si rischia di perdere il vero focus. Mi ricordo che un mio professore di programmazione all’università mi diceva: “Per quanto valido possa essere un software, se come input mettiamo valori non certi otterremo output non certi”. Gli ingegneri, nelle loro simulazioni, si avvalgono di tanti coefficienti di correzione (i famosi K) e quindi bisogna sapere bene qual è il limite del software e fino a che punto può dare risultati affidabili. Ecco perché credo che questo approccio sia più spettacolare che efficiente, ma questo resta solamente un mio personalissimo parere.

Nel primo approccio, quello deterministico, i parametri che entrano in gioco sono:
– Tempo perso durante la sosta del pit stop, dal momento che entra in funzione il pit limiter fino a quando lo si spegne
– Il degrado delle gomme (di entrambe i compound a disposizione nel GP)
– Il drop off o cliff delle gomme, ovvero il momento in cui sono talmente usurate che non producono più grip ( il grip è prodotto dallo strato di gomma, detto anche bulk, che di solito è intorno ai 2.5mm – 3.5 mm , quando questo strato si usura viene a mancare la gomma e si cominciano a vedere “le tele ” della costruzione del pneumatico e quindi il grip decade in maniera repentina)
– Il tempo perso lo si misura durante le prove libere simulando un pit stop, oppure guardando i dati degli anni precedenti. In Cina per esempio è circa 22 secondi. Ovviamente più è lungo questo tempo e meno saranno le possibilità che la strategia preveda tanti pit stop.

Il degrado delle gomme, che misura quanti decimi di secondo si perdono al giro per la loro “vecchiaia”, si calcola il venerdì durante i long run con il pieno di carburante e si considerano sempre i primi giri, quando la quantità di benzina è alta (il degrado cambia molto a secondo della quantità di benzina a bordo, è come quando si va a correre per allenarsi con 20 kg di peso… si fa più fatica non è vero?). Per esempio una gomma che perde 0.1 secondi al giro ha un degrado discreto tipico di una soft, mentre con gomme dure si ha una perdita di circa 0.05 secondi al giro. Voi che siete molto attenti e competenti, avete visto diverse volte degli stint fatti da circa 15 giri con tempi molto costanti ed uguali. In questo caso il degrado gomme corrisponde al guadagno laptime con il consumo benzina e, se ipotizziamo un effetto peso di 0.035 secondi per ogni kg al giro ed un consumo di circa 2.5 kg di benzina per lap,  si ottiene un degrado gomme di circa 0.088 secondi/giro.

L’usura delle gomme, che si calcola con il numero dei giri in cui la gomme produce ancora un grip decente, si misura il venerdì portando a termine le gomme. E’ il pilota che capisce quando arriva il drop off delle gomme. Una volta raggiunto si cominciano a perdere anche 0.5 secondi al giro ed è chiaro che è raggiunto il momento di sostituirle. In Cina per esempio sono molto critiche la gomma anteriore sinistra e le due posteriori. Quando l’anteriore sx è sulle tele nelle curve 1 – 2 – 11 – 12, (vedi mappa circuito) la vettura diventa un incubo per il pilota.

Queste curve sono abbastanza lente e quindi si perde moltissimo tempo. In generale, quando si hanno le gomme posteriori sulle tele si perde dappertutto. In particolare all’uscita delle curve 3 – 6 – 13 – 14 si perde moltissima trazione ed il laptime crolla inesorabilmente e viene annullata qualsiasi possibilità di mantenere la posizione se si è in bagarre. A tal proposito, troverò il modo di raccontarvi una delle prime lezioni di F1 che mi fece Prost nel lontano 1990 sulla differenza delle curve lente e di quelle veloci in termine di laptime. Aver avuto Prost come mio primo pilota è stata una fortuna immensa, avremo tempo di parlarne.

Tornando a noi, con questi 3 parametri si hanno tutti gli elementi per simulare le varie ipotesi di gara in base ai vari pit stop. Ora, ci sono circuiti dove il numero di pit stop è praticamente fissato in base alle sue caratteristiche, altri in cui il divario tra una gara con 2 pit stop o 3 pit stop è di circa 4-5 secondi (vedi probabilmente Cina). Capite che il gioco comincia a farsi duro e, se le condizioni in gara cambiano, per esempio cambia il degrado o il drop off, diventa importante il ruolo del pilota.

Qui nasce un concetto molto importante, il gruppo strategia o, lo chiamano in Ferrari, il remote garage. In psicologia applicata c’è una stupenda strategia che si chiama “le posizioni di percezione” dove per poter vedere meglio e con più obiettività una situazione, si deve prendere una posizione distaccata – dissociata, ovvero una seconda posizione separata da quella originale che è troppo dentro al “pezzo” (con questa applicazione si curano anche i dolori fisici). Il remote garage è distaccato dalla gara essendo in un luogo completamente diverso, ma ancora in contatto con il muretto (quindi è vigile). Ha molta più possibilità di vedere la gara nella sua visione globale rispetto a chi è nel muretto, che è troppo preso essendo dentro alla gara, ed ha la possibilità di vedere che cosa sta cambiando rispetto alle ipotesi assunte per la simulazione della strategia gara e, soprattutto, cosa i competitors stanno facendo nel rispetto delle previsioni. Proviamo a pensare ad una situazione di pioggia, dove tutte le simulazioni perdono di significato, quanto importante diventano le indicazioni del pilota e di qualcuno che sta guardando la visione globale della gara rispetto a chi è al muretto che è troppo preso dalla situazione contingente, magari con la mano fuori per “sentire” se sta piovendo (non è uno scherzo, succede proprio così).

La strategia di gara è già impostata ancora prima del race week end sulla base dei dati dell’anno precedente, ma deve essere rivista con i dati reali del venerdì. Il gruppo in pista ed il gruppo nella sede del Team lavorano insieme per elaborare i dati e creare una serie di strategie da proporre al Direttore Tecnico ed ai piloti. Una volta presa la decisione di quale sarà la strategia per entrambe le vetture, durante la gara, i due gruppi si suddividono i compiti. Tutti gli ingegneri coinvolti hanno diversi schermi a disposizione dove ci sono i grafici delle simulazioni previste, quelli che in real time vengono modificate in funzione dello svolgimento della gara e quelli delle posizioni di tutte le vetture, con tutte le informazioni del caso. Non è male come banca dati! Ecco perché è importante avere qualcuno, diverso da chi è al muretto, che abbia la possibilità di vedere “solo” quei dati.

Concludo questa sintetica descrizione sulle strategie di gara dicendo che:
Si prepara comunque una strategia di scorta cercando di prevedere cambiamenti di valori dei parametri durante la gara. Ad esempio, se si è partiti con una strategia a 2 pit stop, di sicuro si prepara anche quella a 3 pit stop per essere pronti nel caso in cui il degrado o il drop off cambino.
Nel caso di pioggia interviene anche un altro parametro che è il cross laptime tra rain ed intermedie e tra intermedie e slick, ovvero il laptime in cui si deve passare da rain a intermedie e da intermedie a slick (ai tempi delle Bridgestone erano i tecnici giapponesi che ci davano questi valori, da quello che so anche i tecnici Pirelli forniscono questo dato).
In tutte quelle situazioni dove le condizioni gara sono diverse da quelle ipotizzate, il pilota e la visione globale diventano fondamentali; in tutte quelle situazioni in cui le condizioni gara sono identiche a quelle ipotizzate, seguire la strategia ottimale simulata è fondamentale.

Spero di essere con voi anche dopo il GP del Bahrain, in quanto sarò impegnato come insegnante nel corso di coaching e managing coaching che sto tenendo a Roma e con diversi piloti al simulatore a GridGP. Non mi rimane molto tempo per scrivervi, ma ci proverò con tutte le mie forze, perché questa attività tiene in vita una mia passione smisurata.
Un caro saluto.
Avanti tutta!

Luigi Mazzola

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