HMRDS: chi ha fatto strada in F1 è passato da qui

82 anni e non sentirli. Conosciamo meglio Morrogh e la sua scuola, in attesa di portarvi con noi a Monza per una giornata a scuola con Henry.

HM-e-VilleneuveOltre all’essere piloti, cosa hanno in comune Jacques Villeneuve, Eddie Cheever, Elio De Angelis, Alessandro Nannini, Nicola Larini e Emanuele Pirro? Semplice: sono cresciuti a pane e motori, sotto i preziosi consigli di Henry Morrogh.

Henry, classe 1931, è nato e cresciuto in Irlanda del sud. La sua passione per le corse lo ha portato a correre prima in moto, poi in auto, misurandosi in entrambe le categorie anche con John Surtees. “Ricordo la prima gara che disputai contro di lui: Brands Hatch, lui in prima fila con la MV Agusta e io alle sue spalle con la Norton. Inutile dire che l’ho visto solo in partenza…” ricorda Morrogh, scherzandoci su. Una volta passato alle auto e diventato pilota ufficiale Renault agli inizi degli anni ’60, regalò alla casa transalpina diversi successi sotto il marchio Alpine.

E fu proprio in Francia, spinto dai suoi compagni d’avventure, che iniziò la sua attività di istruttore fondando la Henry Morrogh Racing Drivers School. Dopo l’avvio a Magny Cours, Henry si trasferisce in America per una breve esperienza, ma racconta: “Abituati già ai cambi automatici, gli allievi mi chiedevano a cosa servisse il terzo pedale. Sono scappato terrorizzato”. Approda in Italia nel 1968 e ritrova il suo habitat naturale: doppiette, tacco-punta, zero elettronica. Così i suoi allievi imparano – ancora oggi – cosa vuol dire veramente guidare un’auto da corsa, crescendo a pane e Fiat 500, con cambio non sincronizzato. I suoi metodi d’insegnamento fanno scuola: si impara divertendosi, toccando con mano i progressi di guida.

Oltre quelli menzionati sopra, tanti altri piloti passati dalla scuola di Henry Morrogh sono poi arrivati in Formula 1. E uno, poi, è anche diventato campione del mondo: Jacques Villeneve. E su di lui Morrogh ricorda: “In principio non sembrava un futuro campione del mondo, ma per ottenere successi nel motorsport è più importante il cervello che il piede destro. E Jacques il cervello ce l’aveva. Era diverso dal padre e all’inizio non era un granché. Molti erano scettici, ma li invitavo ad aspettare. E poi si è visto…”.

Alla sua veneranda età, Henry non disdegna ancora di mettersi in gioco con le sue monoposto. “Ogni tanto mi calo in una monoposto, perché sono curioso di vedere se riesco ancora a girare più forte dei miei allievi. E se piove, mi diverto ancora di più”. Oggi la sua scuola piloti si è completamente rinnovata, grazie anche a Giovanni Ciccarelli – imprenditore napoletano e ottimo pilota di monoposto in gioventù – oltre che alla valida collaborazione di Massimo Torre, in qualità di capo istruttore con esperienza nelle varie formule internazionali.

Uno degli obiettivi della scuola è quello di tornare a organizzare le gare club, introdotte in Italia proprio da Morrogh nel periodo più genuino del motorsport, a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. Una bella opportunità per i giovani talenti italiani che sognano un futuro nel motorsport, ma non solo. La scuola di Henry è qualcosa in più: sono emozioni, sensazioni, esperienze che è difficile trovare altrove.

Così abbiamo raccolto l’invito e, forti dell’esperienza con Lotus F1 di qualche mese fa, la prossima settimana testeremo a Monza una monoposto Mirage M012 sullo storico autodromo brianzolo. Sarà l’occasione per farvi conoscere più da vicino la scuola e lo stesso Henry, viaggiando insieme a lui in oltre quarant’anni di storia del nostro motorsport. Stay tuned!

Lascia un commento