GP di Cina agrodolce per la Red Bull. Vettel 4°, Webber Out

Un quarto posto di Vettel mette una pezza al difficile weekend cinese della Red Bull. Completamente da dimenticare la gara di Webber.

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E’ un quarto posto carico di rimpianti, probabilmente, quello di Sebastian Vettel, anche se il tedesco non sembra darlo a vedere. In realtà il dubbio è assolutamente legittimo: e se quel treno di morbide fosse stato montato qualche giro prima? Al di là dei “se” e dei “ma”, quello di oggi è stato un weekend senz’altro particolare per il team austriaco.

Gli strascichi della lotta fratricida tra Vettel e Webber hanno certamente avuto degli effetti sulla tranquillità della squadra, e lo dimostrano i tanti punti di discussione sul lavoro del team.

Partiamo proprio dal campione del mondo in carica: Vettel tiene la posizione in partenza, restando intruppato nel gruppone. Poi con i primi pit stop, come da copione, si ritrova in seconda posizione, dietro al connazionale Hulkenberg. Con la tattica completamente opposta ai diretti rivali, Vettel si ritrova da inseguitore ad inseguito, poi di nuovo ad inseguitore, e questo più volte nel corso della gara. Nel finale si ritrova secondo, dietro ad Alonso, davanti a Raikkonen ed Hamilton, ma con un pit stop obbligato da fare per montare la mescola più morbida. Il team decide di montargliela soltanto per gli ultimi cinque giri.

Ed è qui che si decide definitivamente la gara di Vettel: il tedesco, come previsto, riesce a recuperare oltre 11 secondi al duetto Raikkonen/Hamilton ma, proprio quando è ad un soffio dalla Mercedes, cala la bandiera a scacchi. Facile dirlo “a freddo”, ma se la Red Bull non fosse stata così poco fiduciosa verso le Pirelli Yellow Soft ed avesse effettuato l’ultimo pit qualche giro prima, Vettel avrebbe certamente superato sia Hamilton che Raikkonen, ed avrebbe chiuso quindi in seconda posizione.

Vettel, comunque, difende la scelta del team, confermando la bontà della strategia su tutta la linea: “Credo che possiamo essere contenti del risultato – commenta Vettel. Certo, mi dispiace un po’ non essere riuscito a salire sul podio, ma nel complesso credo che possiamo essere piuttosto felici. Credo che la strategia sia stata quella giusta; all’inizio della corsa ho perso un po’ troppo terreno. Alla fine ho cercato di prendere Lewis; in effetti l’ho preso, ma avrei avuto bisogno di un altro giro per superarlo. E’ stato un peccato perché abbiamo avuto qualche macchina lenta che ci ha rallentato. Chiaramente l’obiettivo era finire sul podio, ma la strategia era quella giusta. Comunque abbiamo ottenuto dei buoni punti”.

Completamente da dimenticare l’intero fine settimana di Mark Webber. Già l’esito della qualifica, con l’esclusione dalla Q3 la retrocessione per la penalità, non lasciava presagire nulla di buono per la gara. A quanto pare, al peggio non c’è mai fine… Webber parte dai box, inspiegabilmente con le gomme morbide e, ancor più inspiegabilmente, si ferma dopo appena un giro per metter sù le medie. Mark risale la china fino alla zona punti, poi l’incidente con il “cugino” Vergne, che non lo vede e gli chiude la porta mentre Mark lo infila. Un incidente che costerà all’australiano una penalità in Bahrain.

Arriva il momento del secondo pit stop (tra l’altro il più lento nella classifica di giornata…): i meccanici non serrano correttamente la posteriore destra; Webber tenta un disperato ritorno ai box, al rallentatore. Poi la gomma si sfila alla penultima curva e l’australiano è costretto al ritiro. Per lui un weekend nero come la pece, soprattutto caratterizzato da troppi errori della squadra. Alcuni di questi, come quello sulla mancanza di benzina in Q2, apparentemente inspiegabili e piuttosto clamorosi. Come si dice in questi casi, “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca…”.

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