Newey: “La morte di Senna mi perseguita ancora oggi”

Il leggendario progettista della RedBull (nel 1994 alla Williams), attraverso un’intervista alla BBC, ritorna sull’incidente fatale di Ayrton Senna. Un episodio che perseguita ancora Adrian Newey.

ayrton-sennaImola, 1 maggio 1994. Da quel giorno il mondo della Formula 1 non fu più lo stesso. La morte del suo più grande campione, dell’uomo che portò lo sport automobilistico per eccellenza in tutti gli angoli del mondo, segnò in profondità l’ambiente della Formula 1. Di quell’incidente furono spese un numero indefinibile di parole, di libri, di documentari, di foto, di inchieste e anche un processo giudiziario. Il caso sembra chiuso: Ayrton morì per un cedimento del piantone dello sterzo, l’impatto con il muro fu devastante. Ma… c’è un ma.

La Williams non fu mai del tutto trasparente riguardo all’episodio e rimangono (e rimarranno) dei dubbi. A parlare, diciannove anni dopo l’accaduto, è proprio Adrian Newey, il progettista di quella maledetta Williams FW16. Il genio che sta cannibalizzando l’attuale Formula 1, lascia emergere il suo lato più umano in un’intervista alla BBC

” Quello che successe quel giorno, ciò che causò quell’incidente, è una cosa che mi perseguita fino ad oggi. Non c’è dubbio che il piantone fosse rotto. Ma ugualmente tutti i dati , le telecamere del circuito e quella onboard di Schumacher che seguiva Senna, mostrano qualcosa che è incompatibile con una rottura del piantone. La vettura ha avuto sovrasterzo, Ayrton l’ha tenuta e poi è andato dritto”.

Neanche Adrian Newey riesce a mettere realmente la parola fine in questo caso. Nella seconda parte dell’intervista, il geniale ingegnere inglese rivela dei particolari sulla personalità e sull’immenso talento di Ayrton Senna: “Possedeva un’aura, un qualcosa che è difficile da spiegare. Sicuramente aveva una presenza che si sentiva. La cosa che più mi tormenta, è che lui ha scelto di venire in Williams perché sapeva ed era convinto che noi fossimo i migliori, in quanto da tre anni avevamo fatto delle macchine superiori. Ma sfortunatamente la macchina del 1994 non era competitiva. Ayrton aveva un talento tale, ma soprattutto una determinazione fortissima, che gli permise di portare quella Williams a fare cose che non era assolutamente capace. Fu davvero una tortura vederlo lottare in quelle situazioni. Purtroppo, quando la macchina iniziò ad andare bene, Ayrton non fu più con noi”.

C’è spazio anche per qualche battuta finale per il suo pupillo Sebastian Vettel, dato che si sta apprestando a vincere il quarto titolo, battendo così anche il record di mondiali di Ayrton Senna.

“Sarebbe straordinario se Sebastian riuscisse a battere il record di sette titoli di Schumacher. Ma la quantità di vittorie e di risultati non determinano la grandezza di un campione. Senna, Clark, Stewart, Fittipaldi hanno vinto pochissimo, in termini di titoli mondiali, rispetto a Michael. Ma quando si parla di grandi campioni si pensa a loro, insieme a Schumacher e Fangio ovviamente. C’è qualcosa di intangibile che permette di definire un pilota un grande campione, e non sono solo i risultati. E credo che Sebastian sia sulla buona strada per diventare uno dei più grandi”.

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