Non spegnete la Stella di Marìa

maria-de-villota

Maria se ne è andata così, in punta di piedi. In silenzio, lasciandoci gli occhi gonfi di lacrime, il ricordo del suo sorriso e della sua tenacia. Se n’è andata nel sonno, probabilmente senza accorgersi che il suo tempo da queste parti era finito. Senza soffrire, perché lo aveva già fatto abbastanza.

Se ne è andata sognando. Lei che del suo sogno di diventare un pilota di Formula Uno aveva fatto la sua ragione di vita, inseguendolo con tutte le sue forze, con grande determinazione e coraggio. Fregandosene del giudizio altrui, sempre lì a far discorsi sessisti sul motorsport. Non voleva sconti e s’arrabbiava se qualcuno provava a farle una carineria solo per il fatto che era l’unica donna in un ambiente prettamente maschile.

Ha vissuto di passione, fino a quel contratto che le apriva le porte della Formula 1. Un ruolo da test driver con la piccola Marussia. Poco importava fosse un team di serie c, perché era un passo per dimostrare a tutti che ciò che si vuole, si può ottenere. Maria era lì pronta per realizzare il suo sogno. Poi quello stupidissimo test a Duxford. Pochi minuti per gustarsi la soddisfazione di quell’avventura appena iniziata. Poi, pochi attimi dopo, la tragedia. La macchina che scatta avanti e centra quella dannata pedana abbassata di un camion che nessuno ancora ha saputo spiegare cosa ci facesse lì.

Poco importa, ormai.

La vita di Maria, in quel luglio del 2012, è cambiata per sempre. Niente più occhio destro, niente olfatto, niente gusto, nessuna sensibilità alla testa e centinaia di punti per ricostruire il suo sorriso che, nonostante tutto, non è mai sparito dal suo volto.

Un prezzo fin troppo alto da pagare solo per sfiorare un sogno.

Il 17 ottobre del 2012, le sue parole ci invitavano a riflettere. “L’incidente mi ha dato un’altra prospettiva della vita, delle cose che contano veramente. Ora ho un occhio solo, ma percepisco più cose rispetto a prima. La mia vita prima era una continua corsa contro il tempo, ora riesco a riflettere di più sulle cose e misurarle in modo diverso”. Maria aveva accettato che la morte era parte della sua vita. E si sentiva più forte, più vera.

Lei, che in qualche modo ha vissuto due volte, è un esempio per tutto il Circus che, purtroppo, non troppo tardi si dimenticherà di lei.  Anche noi, abituati alla frenesia dei nostri giorni, dovremmo fare come Maria:  rallentare, guardarci dentro. Vivere. Perché si vive nei propri desideri e nei propri sogni più di quanto si viva realmente.

“E ricordati, io ci sarò. Ci sarò su nell’aria. Allora ogni tanto, se mi vuoi parlare, mettiti da una parte, chiudi gli occhi e cercami. Ci si parla. Ma non nel linguaggio delle parole. Nel silenzio” (Tiziano Terzani)

Ciao, Maria.

Lascia un commento