#10 Le pagelle del 2013: Red Bull, su un altro pianeta

Il connubio inscindibile Vettel-Rb9-Newey traina il team di Milton Keynes verso l’infinito e oltre. Dopo un’iniziale pia illusione che la vettura di casa Red Bull potesse non essere letale come gli altri anni, il ritorno del kevlar dà il là alla cavalcata del tedesco dei miracoli, che dopo la pausa estiva fa nove su nove. Ma non son tutte rose e fiori…

vettel-redbull-austinE anche quest’anno è arrivato l’en plain. Un miscela composta da vettura prestantissima, pilota più in forma e capacità di sviluppo infinita. A tutto ciò, si deve però aggiungere un piccolo aiutino dalle contingenze (il ritorno del kevlar nella costruzione degli pneumatici Pirelli esalta le caratteristiche della RB9) e un pizzico di fortuna (gli alettoni di Sebastian Vettel negli scontri fortuiti al via sembrano fatti in titanio, chiedete ad Alonso e ad Hamilton…) dà vita a un cocktail potentissimo: la Red Bull (voto 9,5) si porta a Milton Keynes il campionato costruttori; Vettel – che con i suoi punti avrebbe potuto vincere da solo il titolo a squadre- torna ad Heppenheim con il quarto mondiale piloti consecutivo, onori e record vari (tra cui quello del donuts più millimetrico ed elegante della galassia).

Eppure la RB9 a inizio anno non sembra invincibile. Pur velocissima in qualifica (già in Australia, Sebastian Vettel fa il vuoto tra sé e il resto del mondo), la creatura di Adrian Newey sembra soffrire un po’ del passo gara altrui, soprattutto di quello di Lotus e Ferrari, molto più in palla nel gestire le PZero in acciaio in gara. E’ solo un’illusione. Le specifiche più conservative introdotte dalla Pirelli a partire dal Canada sembrano rimettere le cose a posto nell’Universo, con Sebastian Vettel che ricomincia a volare. Il ritorno del Kevlar in Germania conferma l’impressione che a creare qualche problema alla RB9 fossero le “Pirelli-marshmallow”.

Ma sarebbe ingiusto attribuire il dominio Red Bull alle sole gomme: la verità è che il team austriaco non ha mai interrotto il coscienzioso affinamento della sua vettura. Così, mentre diversi team trascorrono il mese di agosto immersi nella silly season, tra ombrelloni e polemiche – salvo poi arrabbattarsi al ritorno delle vacanze con sviluppi tanto fantasiosi quanto inconcludentila Red Bull si presenta a Spa con una macchina da guerra. Da allora per Vettel sono solo cavalcate in solitaria, a ritmi imbarazzanti per gli avversari: a Singapore, i due secondi al giro rifilati subito dopo il rientro della safety car ai diretti avversari sono il De Profundis per chi sperava in un finale di stagione combattuto.

Ma questo cocktail letale che regala tutti i titoli a Milton Keynes ha un retrogusto amaro: perché per portare sulla vetta del mondo Sebastian Vettel, la Red Bull sacrifica sull’altare della vittoria Mark Webber, spesso in maniera anche impietosa: basti ricordare la gara del Giappone, quando – a mondiale praticamente già archiviato – l’australiano perde il primato della gara per una strategia suicida su tre soste che va a unico e solo vantaggio del compagno di squadra. E perché la stessa RB9, per quanto velocissima, quand’è in mano a Webber si rivela fragile quanto un ninnolo di vetro di Murano. Ma ognuno in casa c’ha i suoi guai, e il mondiale 2013 di Red Bull + Vettel si traduce, alla fine della giostra, in un puro e semplice DOMINIO.

La Monoposto – Red Bull RB9: voto 10
luce rossa Red BullLa RB9 è l’unica che, oggettivamente, merita il massimo voto, anche se la riteniamo non meritevole anche della “lode” ed il “bacio accademico”, atteso che all’inizio del campionato la RB9 di Newey era tutt’altro che la solita “astronave da battere”. Anche la Red Bull, come molte altre squadre, mantiene pressoché invariate le linee della monoposto dell’anno precedente, salvo una ben riuscita cura dimagrante delle pance e la scomparsa della “letter box” sul muso, rimpiazzata da un più funzionale “S-duct” di ispirazione Sauber.

Praticamente, sulla carta la RB9 ha di diritto il titolo di “vettura da battere”, ma in pista la situazione si dimostra subito ben diversa; il feeling con le Pirelli “d’acciaio” non è idilliaco e, per la prima volta negli ultimi anni, i “Tori” si mostrano in difficoltà, sia in qualifica che in gara, anche se Vettel, mettendoci del suo ed approfittando al massimo dei guai altrui (soprattutto di quelli di Alonso), riesce a limitare i danni. Se la Ferrari è quella che ha subito di più il ritorno alle gomme con struttura in kevlar, la Red Bull è certamente quella che ne ha tratto i maggiori benefici. E’ dal Gp del Canada che la loro stagione ha un improvviso crescendo. L’astronave è ritornata: trazione paurosa, percorrenza di curva inimitabile, consumi sotto controllo; Vettel si rimpossessa di tutte le armi che gli hanno consentito di dominare gli ultimi tre anni, conducendolo al dominio anche del quarto.

Della RB9 si è detto tutto ed il contrario di tutto: mappature irregolari, traction control, muso di gomma, ali flessibili, splitter flessibile… La certezza è una sola: la Red Bull ha costruito la macchina migliore del lotto, o almeno, la macchina migliore con le gomme con struttura in kevlar. Qualunque parte della vettura, anche la più piccola ed apparentemente insignificante, è stata in realtà accuratamente studiata per la massima efficienza aerodinamica e meccanica, senza se e senza ma. Checché se ne dica, inoltre, tutte le parti della monoposto sono sempre risultate perfettamente in regola ai controlli e ciò deve essere ritenuto più che sufficiente per una piena legittimità dei titoli conquistati.

Difficile ipotizzare cosa riuscirà a combinare il prossimo anno Newey senza i suoi amati “scarichi soffianti”, di fatto improponibili dal 2014, e con un’aerodinamica in generale meno influente rispetto alla cresciuta importanza della Power Unit. Ciò che è certo, invece, è che la Red Bull ha senza dubbio interpretato al meglio i regolamenti degli ultimi anni, realizzando vetture eccezionali e vincenti. L’amata/odiata PRIMA DELLA CLASSE.

I piloti

Sebastian Vettel , voto 10. E’ lui l’imperatore di questo mondiale di Formula1: vince il quarto titolo consecutivo ad appena 26 anni. Per il tedeschino di Heppenheim, il 2013 si conferma come l’anno della maturità. Perché quest’anno Sebastian non sbaglia né regala praticamente nulla: in qualifica, quando riesce a non concedersi neanche una minima sbavatura. In gara, quando sembra correre sui binari ed aprire il gas 50 metri prima di tutti gli altri.

Ed è vero che con la macchina giusta tutti son bravi vincere. Ma è anche vero che Mark Webber, con la stessa vettura, ad Abu Dhabi becca 30 secondi dal caimano tedesco. I nervi d’acciaio del campione del mondo si traducono in 9 pole position e 13 vittorie stagionali (eguagliato il record di Michael Schumacher), di cui nove consecutive (raggiunto anche Alberto Ascari). Compitino per il prossimo anno? Risparmiarsi qualcuna delle spacconate stile post-gara di Singapore (“Mentre un sacco di gente al venerdì sta con le palle al mollo in piscina, noi stiamo ancora lavorando duro. Così riusciamo a fare grandi gare”). O le pugnalate alle spalle (l’ormai storico episodio del“Multi-21” in Malesia con cui scippa la vittoria all’ignaro compagno di squadra). IMPLACABILE

mark-webber-interlagosMark Webber 7. Annata difficilissima per il cangurone di casa Red Bull, che chiude la sua ultima stagione in Formula1 al terzo posto della classifica piloti, recuperando in volata nelle ultime tre gare i punti necessari a beffare Raikkonen ed Hamilton. Guardando la stagione 2013 di Mark Webber si è portati a chiedere se quella sotto le sue mani sia davvero la stessa RB9 guidata dal campione del mondo.

Perché, dalla Germania in poi, l’australiano si porta attaccato all’alettone posteriore un gatto nero grosso come una pantera: al Nurburgring perde una ruota al pitstop (dopo avere danzato sulla pitlane, la gomma finisce per colpire un cameraman); in Belgio un problema alla frizione lo pianta in partenza; a Monza deve rinunciare ad attaccare Fernando Alonso perché dai box gli viene chiesto di risparmiare i giri del motore; a Singapore a poche tornate dal termine deve dire addio al podio perché il cambio gli va in fumo (letteralmente); in Corea, quando sta portando a casa una bellissima rimonta dalla 13esima posizione, fora uno pneumatico, si vede montare dai box il treno di gomme sbagliato, viene poi colpito in pieno da Sutil e si ritrova a rimirare sconsolato la sua RB9 che brucia per una perdita d’olio; in India a mollarlo è l’alternatore. Episodi sfortunati a parte, Mark Webber per tutta la stagione non sembra in alcun modo in grado di contrastare l’ingombrante compagno di squadra: molto più lento in qualifica (17 a 2 è il bilancio dei confronti al sabato), piantatissimo allo start, Mark non ha lo stesso ritmo neanche in gara. E’ comunque capace di regalare bellissimi confronti in pista, soprattutto con Fernando Alonso e Lewis Hamilton, e gesti immortali come l’autostop a Singapore e il giro senza casco a Interlagos. MIO FRATELLO E’ FIGLIO UNICO

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