F1 Story | Adelaide 1991, Morbidelli doma la Rossa

Un’unica opportunità di scendere in pista in qualità di pilota ufficiale Ferrari. La gara per la vita di Gianni Morbidelli nel giorno in cui sostituì Alain Prost. E, nonostante il meteo avverso, non sfigurò affatto…

MordbidelliAnnus horribilis il 1991 della Ferrari. Dopo la cavalcata mondiale della stagione precedente, interrotta bruscamente nell’autoscontro giapponese di Suzuka, i tifosi si aspettavano la rivincita di Prost su Senna e l’esplosione del talento del neo acquisto Jean Alesi.

Nulla di tutto ciò avvenne.

La 643 F1 aveva perso ogni molecola di competitività della sua progenitrice 642 e mostrava tutti i suoi limiti progettuali nel matrimonio tra telaio e sospensioni, mandando in crisi il rapporto ad ogni staccata. Quella vettura così ingovernabile costò a Prost il sedile dopo aver definito la creatura rossa “guidabile come un camion” ed offrì a Gianni Morbidelli l’occasione di una vita.

Fu proprio il tester della Ferrari e contestuale driver della Minardi il destinatario della sfida più impegnativa: sostituire, solo per l’ultima gara della stagione, l’allora 3 volte campione del mondo al volante di una vettura del Cavallino Rampante che tutto sembrava, fuorchè una monoposto competitiva.

Era un’offerta che non si poteva rifiutare e difatti il “Morbido”, piede pesante e sangue caliente, si tuffò anima e cuore in quella avventura di una notte. “Ricevetti la telefonata mentre ero in vacanza a Port Douglas, quindi ero già in Australia”, ha detto di recente Morbidelli ad Autosport, raccontando così il momento in cui venne a conoscenza del fatto che avrebbe corso quella gara con la Ferrari. “Mi chiamò Guido Forti, che non era tanto il mio manager, ma era diventato un buon amico ,visto che avevo gareggiato per lui in F3 e F3000. Mi disse: ‘Ascolta, devi fare questa gara con la Ferrari, non guiderai in Minardi’. Pensavo stesse scherzando”.

Le qualifiche del Gran Premio videro Morbidelli accreditato dell’ottavo posto, alle spalle del compagno di team Alesi, pur non avendo effettuato la qualifica. “Non sono stato molto fortunato. Durante il venerdì ero davanti ad Alesi e mi ricordo che era decisamente arrabbiato per questo. Il giorno dopo, non so cosa sia successo, ma ho avuto un problema con il motore e non ho potuto fare le qualifiche del sabato. Così ho iniziato con il tempo del giorno prima, ed ero ottavo”, racconta il pilota italiano. Entrambe le Ferrari ad una distanza siderale dal poleman Ayrton Senna e dalla sua stratosferica Mp4/6, gioiellino che incarnava la quintessenza della ricerca tecnologica applicata alla Formula 1. Alle spalle del poleman, il fidato Berger seguito dalla coppia Williams – Mansell e Patrese – e della coppia Benetton – Piquet e Schumacher. Un esordio in Rosso è un evento che non si dimentica facilmente ma, per Morbidelli, quel giorno, sarebbe passato alla storia.

Domenica 3 novembre, Adelaide accoglie i piloti con un cielo plumbeo e litri d’acqua scaricati sul tracciato.

Le condizioni proibitive non impedirono lo start della gara che vide subito Senna, tanto per cambiare, mantenere non solo la prima posizione ma anche il controllo totale della vettura su asfalto viscido davanti a Berger, Mansell, Piquet, Schumacher, Patrese ed il duo Ferrari. Il nubifragio che aveva colpito il circuito australiano fece naufragare brevemente fuori pista Berger al terzo giro, mentre una resa incondizionata toccò al giro numero sei ad Alesi e Larini.

Le bandiere gialle che imperversavano praticamente in ogni curva del tracciato impedivano al leone inglese di superare Senna, mentre alle loro spalle i due saggi del gruppo, Piquet e Patrese, navigavano a vista.

Morbidelli, rookie in rosso, imparò in fretta la lezione: primo, portare a casa integra la vettura sfiorando con delicatezza il gas come se fosse una donna seducente. Il caos ormai dominava gli eventi. Al giro 10 un detrito di un’ala anteriore si infilò sotto il muso della Williams di Patrese che, non senza difficoltà, riescì a divincolare la propria monoposto da quel frammento; al quindicesimo giro Alboreto su Footwork esce di pista, mentre Stefano Modena perde il controllo della propria Tyrrell riuscendo, tuttavia, a riportarla nel tracciato divenuto ormai un fiume.

Anche Mansell –  il secondo in classifica – al giro numero sedici, perse il controllo della vettura andando a sbattere contro le barriere nel rettilineo di Wakefield Road, così come Berger che, dopo una escursione alla curva Malthouse, finisce nelle vie di fuga.

Più che un Gran Premio di Formula 1 sembrava un demolition derby, e fu proprio Senna che decise che era giunto il momento di dire basta a quella assurda follia. Si sbracciò sul rettilineo cercando di far capire ai commissari l’impossibilità di correre in quel fiume trasformato in pista.

I commissari colgono il senso dei gesti di Magic e decidono, al giro 17, di interrompere la gara.

La classifica in quel momento presentava il seguente ordine di arrivo: Senna, Piquet, Morbidelli, De Cesaris, Zanardi e Modena, ma l’interpretazione dei commissari fu di avviso differente.

Il regolamento prevede infatti che, in caso di interruzione della gara, si faccia riferimento alla classifica del giro precedente, ma i marshall – inspiegabilmente – decisero che l’ultimo giro da considerare valido doveva essere il quattordicesimo e pertanto, alle spalle di Senna, fuorno classificati Mansell – ritirato due giri dopo – Berger – ritardato da un fuori pista, Piquet, Patrese – attardato dai citati problemi all’ala anteriore e un maestoso Morbidelli.

Questa interpretazione dei commissari fu una vera e propria beffa per Morbidelli, autore di 16 giri da urlo, privato di un terzo posto meritatissimo per il sangue freddo mostrato alla guida del “camion”, e ritrovatosi con mezzo punto in tasca al suo esordio sulla Rossa.

Ma di quel giorno, Morbidelli riuscì a capire un po’ la frustrazione di Prost. “Se la Ferrari per lui era un camion, non oso pensare cosa avrebbe pensato della Minardi. La Ferrari non era abbastanza competitiva rispetto a Williams e McLaren e c’erano un sacco di problemi, ad essere onesti, ma la Minardi era considerabile di un’altra categoria. Così, in Ferrari mi sono trovato bene. Era una buona vettura per me, ho fatto bene, ma sono solo stato sfortunato a causa del meteo. E’ stato come toccare le stelle con una mano per un giorno, ma non è stato certo sufficiente. Tuttavia, posso dire di aver fatto la gara della mia vita per la Ferrari”.

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