Ecco perché Senna rimarrà il grande rimorso della Williams

[Parte 2] Dopo le difficoltà nei test invernali, Senna inizia con il piede sbagliato il Mondiale 1994. Due ritiri nelle prime due gare. La Williams si convince ad effettuare delle modifiche sulla vettura del brasiliano, seguendo i suoi consigli, ma si tirerà indietro in quel tragico weekend di Imola. Ecco come è andata.

Senna e Patrick Head

L’arrivo in Williams, per Ayrton Senna, non era stato roseo come ci si poteva aspettare. Il team di Grove era quello che pagava più di tutti il cambio di regolamenti per il 1994 che, come abbiamo visto, prevedeva un taglio netto nell’elettronica: niente ABS, niente traction control e, soprattutto, abolite le sospensioni attive. Dopo i test invernali particolarmente difficili per Ayrton, passati a cercare di convincere il team a modificare la posizione dello sterzo che non gli era congeniale, Senna si avvicinò al primo GP della stagione con molta preoccupazione.

GP BRASILE, 27 MARZO 1994 –  Interlagos era il salotto di casa di Senna e il brasiliano omaggiò il pubblico in delirio conquistando una pole spettacolare, merito del talento cristallino del pilota, piuttosto che dell’efficacia di una vettura che sembrava già in crisi sull’asfalto sconnesso che caratterizza il tracciato carioca. La domenica di gara fu però priva di soddisfazioni per il brasiliano che, dopo il pit stop, perse il controllo della vettura e fu costretto al ritiro. Vedere Senna commettere un errore banale come quello occorso in Brasile era una rarità che aveva, tuttavia, una spiegazione. Ayrton corse col volante del diametro di 260 mm, non con il volante da 300 mm come richiesto, e questo perché non si trovò, o non si volle trovare, una soluzione al problema dello sfregamento delle nocche delle mani contro la centina che era emerso durante i test invernali.

In casa Williams si corse subito ai ripari dopo la trasferta brasiliana, portando auto e uomini in terra spagnola per un test di sviluppo. Il circuito di Jerez, caratterizzato da un asfalto irregolare simile a quello paulista, era l’ideale per trovare la soluzione corretta per le criticità mostrate dal cinematismo anteriore.
In merito alle richieste di Ayrton sull’abitacolo, la soluzione adottata dai tecnici inglesi fu un nuovo dispositivo di servo guida meccanica che, se da un lato fece dichiarare a Damon Hill di aver reso la vettura più guidabile, dall’altro causò notevoli problemi di sottosterzo.

GP DEL PACIFICO, 17 APRILE 1994 – Aida era il circuito che ospitava la seconda tappa del Mondiale 1994 e,  ancora una volta, Senna si mostrò il mago delle qualifiche riuscendo a realizzare un tempo inavvicinabile nel venerdì. Il brasiliano si vide costretto a guidare una vettura con un abitacolo ancora troppo stretto che non gli consentiva di adottare il volante richiesto e gli causava un notevole affaticamento nel corso della gara. Anche in terra orientale, Senna fu costretto al ritiro: questa volta per un incidente alla prima curva, in cui fu coinvolto proprio l’incolpevole Ayrton.  Due gare, zero punti. Una situazione inaccettabile sia per Senna che per la Williams.

FINALMENTE LE MODIFICHE – Nei test successivi al GP del Pacifico, la Williams si convinse ad apportare le modifiche all’abitacolo richieste da Ayrton. La centina fu incisa notevolmente, eliminando la forma a V del cockpit per adottare una forma ovale dotata di parabrezza più alto ed arrotondato. Senna aveva finalmente la possibilità di utilizzare un volante delle dimensioni richieste e, soprattutto, poteva sterzare senza che le nocche sfregassero con il carbonio del cockpit. Non furono invece apportate modifiche al sistema sospensivo anteriore a causa del ridotto margine di tempo necessario a realizzare un nuovo pacchetto prima di andare a Imola per il terzo GP della stagione. Furono provate invece delle nuove soluzioni aerodinamiche nella zona anteriore della monoposto in grado di rendere la vettura ancora più stabile.

GP SAN MARINO, 1 MAGGIO 1994 – Ciò che accadde ad Imola nel corso di quel macabro weekend di vent’anni fa è noto a tutti. Prima il volo di Barrichello durante il venerdì di prove, poi lo schianto mortale di Ratzenberger al sabato ed infine, in gara, l’incidente alla partenza e – pochi giri dopo – l’immagine della vettura di Senna che si schianta contro il muro del Tamburello, durante la corsa. Vicende che sono tristemente entrate nella storia della Formula 1.

Prima di ricostruire le cause dell’incidente, è necessario soffermarsi sulle immagini della Williams di Senna prima della partenza. Come detto, nei test pre gran premio, Ayrton aveva finalmente ottenuto le modifiche richieste all’abitacolo, tuttavia la vettura sulla griglia era diversa rispetto a quella provata nei giorni precedenti. L’abitacolo mostra  il taglio ovale del cockpit ma, inaspettatamente, la porzione scoperta richiesta con insistenza da Senna fu coperta da una struttura posticcia avvitata alla scocca che, in pratica, riportava le misure dell’abitacolo a quelle della presentazione ed obbligava il brasiliano a guidare col volante da 260 mm.

Perché questo dietrofront? Di sicuro non per riportare i valori originali di rigidità strutturale. L’unica risposta alternativa è da individuarsi nella ricerca di una pulizia aerodinamica che cozzava con le richieste di Ayrton.
Ingaggiare il pilota più forte sulla piazza e poi non ascoltare le sue indicazioni fu un ragionamento insensato che mostrò palesemente il contrasto tra la mentalità rigida degli inglesi ed il carattere latino del brasiliano.
Questa soluzione, che presumibilmente contrariò Senna, ormai conscio di non essere ascoltato come un leader indiscusso in merito alle richieste tecniche, avrebbe innescato quella che poi sarebbe stata la causa scatenante dell’incidente. Al fine di trovare una posizione di guida ottimale per Ayrton, fu deciso di modificare la parte centrale del piantone dello sterzo, applicando una sezione di dimensioni ridotte, 18mm, così da avvicinare il volante al corpo del pilota. Una modifica che non tenne conto della diversità dei materiali utilizzati nel piantone e dell’affaticamento degli stessi allo stress delle sollecitazioni. Fu il settimanale  Autosprint, su suggerimento di Gabriele Tarquini,  a denunciare apertamente il fatto con una copertina che non lasciava dubbi. Nella foto scattata da Angelo Orsi alla vettura di Senna circondata dai medici e dal personale del circuito, si vedeva chiaramente il volante, ancora attaccato al piantone, poggiato al lato della monoposto.

IL PROCESSO – Il processo vedeva imputati sia Adrian Newey nella qualità di responsabile aerodinamico, sia Patrick Head nella qualità di responsabile tecnico della Williams. Un processo scomodo per l’intero mondo della Formula 1 e che avrebbe lasciato perplessi per le dichiarazioni rese dagli illustri testimoni recatisi in Tribunale.
Una su tutte quella di David Coulthard, posto di fronte alle immagini del camera car della vettura di Senna.
Il CINECA aveva eseguito l’analisi della posizione del volante prendendo come punto di riferimento il pulsante giallo della radio ed una lettera bianca presente sulla razza di sinistra. Negli ultimi secondi del video, il pulsante giallo uscì dalla sua consueta traiettoria nel momento in cui Senna sterzò dolcemente a sinistra iniziando a percorrere il Tamburello. Il volante si spostò in modo netto in basso a destra evidenziando il collasso della colonna dello sterzo. Il margine di tre centimetri di gioco che furono rilevati dal CINECA venne giudicato normale da Coulthard, lasciando perplessi ed attoniti sia gli uomini di legge che i giornalisti e gli appassionati da casa.

Il processo d’appello vide il Procuratore Generale Rosini affermare senza mezze misure: “L’unico motivo in cui si può ravvisare la causa dell’uscita di pista è il cedimento del piantone dello sterzo”.
La Corte d’Appello di Bologna, il 27 maggio 2005, ha giudicato il tecnico aerodinamico Adrian Newey innocente per non aver commesso il fatto , essendo stata valutata la sua completa estraneità alla gestione di quella che è una parte della monoposto prettamente meccanica, senza alcun risvolto aerodinamico.
Diverso il giudizio nei confronti di Patrick Head, per il quale fu stabilito il non doversi procedere per essere il reato a lui ascritto estinto per prescrizione. In parole povere, Il collegio ha riconosciuto a suo carico la colpa di non essersi adoperato a dovere nel curare la fase di realizzazione del piantone dello sterzo. Egli infatti, in qualità di responsabile tecnico-sportivo della scuderia, avrebbe dovuto effettuare un controllo preventivo sull’operato di meccanici e progettisti, verificando che tutto fosse conforme agli standard di resistenza ed affidabilità previsti.

Il difensore di Patrick Head fece ricorso in Cassazione, ma il 27 maggio 2005, la Suprema Corte rigettò la richiesta di assoluzione piena proposta dall’imputato e confermò la sentenza di prescrizione pronunciata nei confronti di Patrick Head dalla corte d’appello di Bologna. La Corte stabilì che “dagli atti non emergono in modo evidente ed assolutamente non contestabile circostanze che escludano l’esistenza del fatto, o la sua rilevanza penale”, affermando inoltre “la Corte d’Appello di Bologna con motivato giudizio, ha accertato che la causa dell’incidente era riconducibile alla rottura del piantone dello sterzo, che questa era stata causata dalle modifiche male progettate e male eseguite, che tali erronee modifiche andavano ricondotte ad un comportamento colposo, commissivo ed omissivo, di Head, e che l’evento era prevedibile ed evitabile”.

Si chiuse così il processo più indigesto mai affrontato dalla Formula 1, con un chiaro accertamento delle responsabilità in capo al direttore tecnico della Williams Patrick Head, salvato solo dall’avvenuta prescrizione.

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