Fullerton, il grande rivale di Ayrton Senna

Ayrton Senna e Terry Fullerton sono stati amici, rivali, compagni di squadra. Talvolta anche acerrimi nemici. Ma il brasiliano ricordava con piacere quei duelli in pista ai tempi del kart: “Pure driving. Pure racing”, diceva sempre.

Ayrton Senna e Terry FullertonQuando è stato chiesto a Senna chi fosse  il suo miglior avversario, lui stupì tutti rispondendo: “Terry Fullerton”. Un nome sconosciuto al grande pubblico, ma che Ayrton invece ricordava con grande piacere. Aveva lottato con lui ruota a ruota ai tempi del go kart, definendo quei tempi “Pure Driving, Pure Racing”. Parole che sono passate poi alla storia.

L’incontro tra i due risale al 1978, in Italia. “La prima volta che ho incontrato Ayrton, io avevo 25 anni e lui 17”, racconta Fullterton. “Lui si presentò alla factory della DAP mentre stavamo preparando le apparecchiature per andare ad una corsa del Campionato del Mondo. Sembrava un bravo ragazzo ed era molto concentrato su ciò che stava facendo. Siamo andati a testare a circa un centinaio di chilometri dalla factory, a Parma, e lì mi resi conto che aveva un bel po’ di talento”. Terry ricorda che, almeno all’inizio, Ayrton era un talento ancora acerbo. “Non è nato come un pilota completo. Ha imparato ad esserlo con determinazione, quasi con ossessione, aveva una grande forza di volontà. Dopo tre anni in Europa si era migliorato notevolmente e non era più un talento grezzo”.

La sfida più grande tra i due si svolse nel 1980, durante la “Coppa dei Campioni”. “Quella è stata una grande gara e abbiamo lottato fino all’ultima curva. Se fosse rimasto in testa, avrebbe vinto il campionato, ma sono riuscito a forzare e ho fatto un bel sorpasso e, così, ho vinto io. E’ stato davvero bello per me, la mia gara più bella di sempre”, racconta Fullerton.  “Nei primi due anni, il rapporto è stato amichevole, ma dopo lo è stato sempre meno”, racconta Terry. Tutto si complicò proprio dopo quella gara della Coppa dei Campioni. Il brasiliano, che era un po’ vendicativo, non gliela fece passare liscia. “Il giorno dopo eravamo vicini alla piscina dell’hotel dove alloggiavamo. Io ero molto felice per aver vinto e lui dell’umore totalmente opposto al mio. Era seduto lì, mi guardava, ma io non gli diedi molta attenzione. Ad un certo punto, balzò in piedi, corse verso di me e mi spinse dentro la piscina! Quando sono riemerso dall’acqua, si mise a ridere e se ne andò. Rimasi piuttosto sorpreso. Insomma, era una sorta di vendetta per quello che era successo il giorno prima”.

A questo punto, sicuramente vi starete chiedendo perché Fullerton, pur essendo un pilota che teneva testa a Senna e riusciva a batterlo, non arrivò mai in F1? Lo spiega lui stesso: “Mio fratello morì durante una gara di moto. I miei genitori mi avrebbero odiato se avessi provato a sposatarmi nelle corse d’auto. Avrebbero vissuto nella paura ad ogni corsa. Fino a pochi anni prima che vincessi il campionato del mondo di kart, nel 1973, circa tre o quattro piloti di Formula Uno morivano ogni anno. Alla fine degli anni sessanta e i primi settanta, il nostro era uno sport letale. Vivevo bei momenti nel kart, viaggiavo in tutto il mondo, ero un professionista e venivo pagato. Mi godevo la vita”. Tuttavia, a volte si pente di non aver voluto fare il salto sulle monoposto: “Ci sono momento che mi guardo indietro e penso di aver sbagliato. L’unica cosa che rimpiango è che la maggior parte dei ragazzi contro cui ho corso, hanno fatto un sacco di soldi. Cosa che io non ho. Devo ancora lavorare. Io non sono un uomo ricco. Però ho preso questa decisione ed è andata così. Chissà cosa sarebbe successo. Magari non sarei qui a poter parlare. Oggi, invece, ho una figlia di nove anni, una bella moglie e una vita che mi piace”.

Fullerton è stato anche un driver coach di piloti del calibro di Allan McNish, Dan Wheldon, Anthony Davidson e Paul Di Resta. Tutti grandi piloti, ma lui assicura: nessuno come Senna. “Alla fine, nessuno dei piloti che ho conosciuto è paragonabile ad Ayrton. Lui ha fatto la differenza con l’intelligenza, la strategia e la pianificazione. Non era solamente una questione di velocità”, ha concluso.

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