Ferrari: la vera forza è quella di essere una squadra

Nota positiva di questa Ferrari di inizio stagione, tra le altre, è la capacità di essere un gruppo unito ed affiatato…

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L’immagine emblematica di questa Ferrari di inizio stagione è l’abbraccio convinto che Maurizio Arrivabene ha riservato a Kimi Raikkonen dopo la gara di Sakhir, con Sebastian Vettel a due passi che applaudiva contento, convinto, partecipe.

Questo è il primo vero trionfo di una Rossa che piace in pista, ma ancora di più fuori, per la capacità (non semplice in F1) di essere un “gruppo”, una “squadra” nel senso letterale del termine, non solo per gli stessi colori indossati, ma per la coesione, l’unità di intenti, i rapporti sinceri che si sono instaurati tra professionisti che remano tutti nella stessa direzione.

Sono lontani, lontanissimi, i tempi delle facce tirate di Alonso e Raikkonen in foto; come dello sguardo nascosto ed indecifrabile del povero Mattiacci, che nascondeva dietro gli inconfondibili Persol 649 tutta l’incertezza e la fragilità del ruolo dell’incolpevole traghettatore.

Questa Rossa emana una luce tutta nuova che – con il massimo rispetto per tutti gli uomini in rosso – trova il suo fondamento in un poker d’assi che sta facendo la differenza: il team principal Arrivabene, il direttore tecnico James Allison e quei due funamboli di Vettel e Raikkonen.

Di Maurizio Arrivabene s’è detto quasi tutto: dalla scalata ai vertici sportivi del Cavallino al carattere positivo, schietto, severo e al tempo stesso comprensivo con i suoi. Un leader carismatico capace di tenere alto il morale delle truppe e di fare da chioccia ai suoi piloti. Già destinato ad entrare nella leggenda il suo rapporto – particolarmente emotivo – con Kimi.

Non è Iceman, uomo di ghiaccio, in realtà è un ragazzo molto sensibile che va preso in un certo modo e supportato….” continua a ripetere da tempo il team principal della riscossa, il primo – forse – ad aver pubblicamente “smascherato” Kimi. Arrivabene tratta Raikkonen con una dolcezza insolita, dimostrando intelligenza e tatto nell’aver colto le sfumature caratteriali di un ragazzo taciturno e freddo solo in pubblico, ma estremamente sensibile. Con Vettel c’è una complicità diversa, molto forte sin dall’inizio, ed è quella del “padre” che sa di poter contare sul “figlio” caratterialmente più forte.

Dietro Arrivabene spicca la figura di James Allison, direttore tecnico dalle indubbie capacità professionali e dall’immensa umanità. Vederlo esultare come un ultrà per la partenza di Raikkonen deve dare la dimensione dell’attaccamento alla causa. Per il resto, su Allison, parlano i fatti: ovvero la capacità di rivoltare come un calzino la SF15-T in fase progettuale, consegnando ai piloti una vettura perfetta in inserimento curva e dotata (finalmente) di buona trazione in uscita, nonché la riprogettazione delle masse radianti.

Non è un caso che con questa monoposto sia tornata a splendere la stella di Kimi Raikkonen, pilota dotato di una sensibilità fuori dal comune nella gestione degli pneumatici e di un innato senso della velocità, purché assecondato da una vettura morbida all’anteriore e stabile. Lo richiede uno stile di guida chirurgico, puntuale, impiccato nello sfruttare ogni metro di pista disponibile giro dopo giro.

Date un’auto adatta al suo stile e Raikkonen non vi deluderà, è sempre stato così e le prestazioni  di queste prime gare ne sono la prova. Il secondo posto del Bahrein è la chiusura di un cerchio magico, di una storia meravigliosa, iniziata nel 2007 e destinata a durare ancora a lungo, perché Raikkonen ama la Ferrari e la Ferrari ama Raikkonen.

“Last but not least” la firma in calce di questa splendia rinascita Rossa non può non passare attraverso l’uomo del destino, Sebastian Vettel. Il campione-tifoso che ha preso per mano la Ferrari, capace di vincere e convincere subito, il ragazzo sorridente che fa casino nei box, ride, scherza, ma si trasforma in un “secchione” quando si tratta di studiare la macchina o dare indicazioni ai tecnici. Seb ha vinto a Sepang ed è partito già due volte in prima fila in quattro appuntamenti iridati, mostrando di saper fare la differenza e trascinare il team.

Vettel s’è preso una gara di pausa a Sakhir, facendo sana autocritica e affermando con sguardo sincero: “Ho guidato male, ho fatto errori, non era la mia giornata, ma sono davvero felice per il secondo posto di Kimi” dimostrandosi vero uomo e vero uomo squadra.

La Ferrari di oggi deve molto alla competitività della SF15-T, ma di un’auto veloce te ne fai poco se nel team regnano malcontento, guerre intestine e musi lunghi. Il piccolo grande miracolo della Rossa 2015 è l’aver (ri)creato quell’ambiente da “Nazionale dei motori” foriero di grandi fortune in passato. E con due piloti così leali e veloci, sognare in grande è di nuovo lecito…

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