Tecnica F1 | Sovralimentazione: la lotta al “Turbo Lag”

Dopo aver visto come funziona la sovralimentazione di un motore di Formula 1, analizziamo oggi uno dei problemi principali della sovralimentazione turbo, ovvero il turbo lag: come suggerisce questa definizione inglese, il problema fondamentale è il “ritardo” di risposta del turbo quando si accelera dai regimi inferiori. Infatti, quando il motore è ai medi e bassi carichi, la turbina gira ad una velocità inferiore a quella per cui rende al massimo progettuale. Accade che i gas di scarico non sono abbastanza (ovvero la portata massica è ridotta) e non sono abbastanza energizzati perché la turbina riesca ad estrarne la potenza adeguata a muovere efficacemente il compressore, ciò si traduce in una scarsa sovrappressione fornita e quindi in una scarsa performance del motore stesso, che sale di giri lentamente.

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Proprio perché accelerare la turbina (e quindi tutto il gruppo) non è operazione immediata, si giustifica come Honeywell (ed altre aziende si stanno aggiungendo) abbia pensato ad una turbina assiale che riduce le dimensioni radiali e che ha di conseguenza una minore inerzia nel raggiungere regimi di rotazione elevati. Ma questa non è l’unica soluzione utilizzata per migliorare la risposta del turbocompressore, infatti nel corso degli anni si sono studiate ad esempio delle varianti nella forma della voluta di immissione alla turbina (la “chiocciola”, più nota con l’inglese scroll): si parla di double entry e twin entry (in figura) in cui il condotto di ingresso è conformato e/o sdoppiato in modo da distribuire più efficacemente i gas di scarico intorno alla girante della turbina. Nel caso dei moderni motori turbo di Formula 1 si può notare come i condotti di scarico approccino la turbina in vari punti, proprio per far sì di distribuire quanto più uniformemente possibile il carico su di essa.

C’è da dire che l’osservazione della disposizione e della forma dei condotti di scarico che alimentano la turbina può portare a ragionare anche sul sistema di funzionamento della turbina stessa, se “a pressione costante” o “ad impulsi”: nel primo caso c’è un collettore di sezione maggiore rispetto ai collettori che raggruppa e che provvede a smorzare le oscillazioni di pressione (ricordiamo che la combustione non è contemporanea in tutti i cilindri ma sfasata) in modo da alimentare la turbina in maniera costante, mentre nel secondo caso i condotti di scarico provenienti dalle camere di combustione conducono direttamente alla turbina (o al massimo si raggruppano due alla volta). E’ chiaro che alimentando la turbina a pressione costante si perde parte dell’energia dei gas di scarico per via delle perdite di carico, ma si guadagna affidabilità ed efficienza facendo lavorare la macchina in condizioni costanti; nel sistema ad impulsi invece si riesce ad estrapolare maggior lavoro utile in quanto i gas sono più energizzati (o meglio, hanno subito minori perdite), al costo però di un funzionamento sotto oscillazioni di pressione che rendono più instabile l’operatività della turbina stessa, pur aiutando ad esempio alla voce ritardo di risposta.

La curiosità è sapere come stanno agendo i motoristi di Formula 1 per alimentare i propri turbocompressori: dal confronto di varie fotografie pare, ad esempio, che la Mercedes abbia vinto il campionato 2014 con un sistema a pressione costante, mentre abbia cominciato il 2015 con dei collettori di scarico che fanno pensare ad un sistema ad impulsi. Ciò è plausibile in quanto dopo un primo anno più “prudente”, si ha una migliore conoscenza del proprio componente turbo e si possa pensare di modificarlo per un funzionamento più spinto. Non possiamo comunque avere la certezza assoluta in quanto le foto non dicono tutto.

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Tornando al discorso turbo lag, una soluzione molto efficace per migliorare le condizioni del flusso entrante in turbina ai bassi e medi carichi è la geometria variabile: nella diffusa tipologia definita “pivoting vanes” tra la scroll e la girante si posizionano delle palette orientabili, le quali ai bassi carichi vengono ruotate e “chiuse” (creando cioè un passaggio più stretto ai gas di scarico) in modo da accelerare il flusso dei gas di scarico e migliorare il momento d’impatto che esso ha sulla turbina stessa. Ciò permette alla turbina di accelerare prima, riuscendo di conseguenza a fornire una maggiore potenza al compressore fin da regimi più bassi. Come già precisato è quindi una soluzione efficace e capace di garantire una gran dose di potenza disponibile già ai carichi medio-bassi ed è pertanto acclamata e richiesta da moltissimi fan della Formula 1 come mezzo per aumentare lo spettacolo: sfortunatamente per loro (e per tutti noi) la geometria variabile si accoppia davvero male al motore ad accensione comandata (ovvero il motore “a benzina”), in quanto le temperature molto elevate dei suoi gas di scarico mal si sposano con dei piccoli organi meccanici in moto come le suddette palette orientabili.

Per far ciò occorrerebbe utilizzare dei materiali speciali (in termini di resistenza alle alte temperature) e costruire il tutto con tecnologie produttive di altissimo livello – soprattutto per contenere le tolleranze costruttive – ed entrambi questi aspetti genererebbero una impennata dei costi del gruppo turbocompressore difficilmente sostenibile. Ecco perché probabilmente in Formula 1 verrà introdotto il doppio turbo (magari con dimensioni diverse in modo da spalmare l’efficacia su gran parte dell’arco dei giri motore) e non la geometria variabile, in quanto quest’ultima tecnologia, per quanto appena detto, sarebbe chiaramente in controtendenza rispetto alla famigerata riduzione dei costi che la FIA prova a portare avanti.

Dopo aver analizzato questi aspetti è possibile inquadrare meglio il ruolo dell’MGU-H presente negli attuali gruppi powertrain di Formula 1. Questo componente ha il compito di fungere da generatore e recuperare energia dalla turbina in fase di rilascio, quando cioè non occorre potenza ma la turbina si trova ancora ad un regime elevato di rotazione; esso restituisce poi tale energia nella fase di accelerazione, fungendo da motore elettrico, aiutando letteralmente la turbina a prendere velocità e quindi riducendo di molto il “lag” di risposta di tutto il gruppo turbocompressore. E’ in sostanza un sistema per migliorare – velocizzandola – la risposta del turbo ed è anche uno dei più evoluti: in ambito ingegneristico viene definito come “turbo elettrico” e si sta già affacciando al panorama commerciale, infatti alcune case automobilistiche stanno sperimentando tale opzione (ed altre molto simili) e siamo certi che nel brevissimo futuro sarà immessa in commercio.

Un’ultima, importantissima, considerazione: bisogna decisamente sfatare il “mito” che ricorre sulla turbosovralimentazione e che considera questa soluzione tecnica come capace di recuperare energia “gratis” dai gas di scarico. Ciò implicherebbe che il guadagno di potenza sia anch’esso gratuito, cosa non vera perché immettendo più aria, a rapporto aria-combustibile costante, bisogna iniettare una maggior quantità di combustibile e pertanto si ha una “spesa” maggiore. Ma non solo: quando il motore è sovralimentato tramite il turbo, la corsa di scarico non termina con la pressione dei gas esausti pari a quella ambiente (più un’aliquota per superare le perdite di carico nel sistema di scarico) come nei motori aspirati, bensì la pressione dei gas in uscita è ancora di 2 o 3 bar. Ciò vuol dire che c’è ancora una grossa dose di energia meccanica (ben più “pregiata” dell’energia puramente termica che possiedono i gas di scarico a p ambiente di un motore aspirato), la quale viene elaborata – e NON recuperata – dalla turbina, ricavandone potenza per muovere il compressore.

Detto questo, è facile capire come, a rigore, la sovralimentazione con turbocompressore sia una tecnica per aumentare la potenza e non il rendimento (si ricordi la “spesa” in più di combustibile appena citata) di un motore a combustione interna. Il rendimento fa un po’ quel che gli pare, in base ad altri parametri come la riduzione degli attriti, il miglioramento della combustione ed altri. Ciò è particolarmente vero nel motore ad accensione comandata (il classico “benzina”), ulteriormente svantaggiato in termini di rendimento dalla riduzione del rapporto di compressione che si opera quando si utilizza il turbo, necessaria per non innalzare oltremodo pressione e temperatura massima del ciclo ed evitare così il fenomeno di combustione instabile conosciuto come detonazione. Nei motori ad accensione per compressione (i “Diesel”), invece, la sovralimentazione turbo comporta anche un aumento del rendimento perché contribuisce a migliorare e velocizzare la combustione.

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