Nessun dubbio sul Bahrain: si correrà il 22 aprile

Lo sport è un piacere, una festa e dovrebbe essere sempre praticato sempre in quel contesto di allegria e spensieratezza. Partendo già da questo presupposto, potremmo senza problemi affermare che il GP del Bahrain non dovrebbe svolgersi. Tuttavia, il tira e molla mediatico a contorno della quarta prova del Mondiale di F1 è davvero forte: da una parte ci sono le associazioni dei diritti umani che vogliono far boicottare la corsa; dall’altra, il Circus che sembra non avere nessuna intenzione di stare lontano un altro anno da Manama.

Quando manca meno di un mese all’evento, il Paese fa sapere che la situazione – rispetto allo scorso anno – non è di certo migliorata. Nonostante si siano da tempo spenti i riflettori dei grandi media sulla primavera araba, le proteste nel Paese continuano senza sosta. La resistenza civile grida indignata per il silenzio che li circonda, denunciando anche i maltrattamenti della monarchia nei confronti dei manifestanti. Le proteste iniziarono il 14 febbraio 2011: una vera rivolta civile che ha visto la dinastia sunnita al potere e la maggioranza sciita discriminata, scontrarsi su questioni come giustizia e democrazia. Negli ultimi sei mesi pare siano stati uccisi circa venti oppositori del regime, che non verranno di certo dimenticati dalla popolazione del Bahrain. Anche per questo motivo, circa cento mila persone hanno dato vita ad una grande manifestazione per gridare tutta la loro indignazione e chidere l’attuazione di un sistema democratico.

Non a caso, qualche settimana fa, Bernie Ecclestone – team leader della FOM – ha ricevuto una lettera che portava la firma di “Gioventù della Rivoluzione del 14 febbraio”, chiamata così nel ricordo del giorno in cui iniziarano le rivolte e i massacri più volte denunciati, che portarono all’annullamento del GP di F1 nel 2011. Nella lettera si legge: “Faremo qualsiasi cosa per garantire il fallimento del Gran Premio, piuttosto che vederlo macchiato con il sangue e la vergogna. Se il 22 aprile la F1 correrà in un posto dove i bambini vengono uccisi per strada, si macchierà per sempre con immagini di morte e di violazione dei diritti umani. Ci appelliamo a tutti gli atleti del mondo perché ci sostengano e alla F1 perché non venga qui, in quanto la situazione rispetto ad un anno fa è peggiorata”. In questo contesto, molte associazioni per i diritti umani si sono già attivate da tempo per chiedere al Circus di boicottare quella corsa per la violenta repressione che la polizia locale attua contro la popolazione. Human Rights Watch sostiene che la polizia, per fermare i manifestanti, utilizza gas chimici, proiettili di gomma sparati da distanze ravvicinate e torture varie sui fermati. Anche la House of Lords ha chiesto, il mese scorso,  la cancellazione della tappa del campionato ma a nulla è servito.

Ma qual è la risposta che poteva dare Ecclestone? Solamente una: “Sono affari, come di consueto”. Bernie, croce e delizia di questa Formula Uno moderna, ha dato la colpa ai media: “Il problema vero sono i media che creano queste preoccupazioni, di certo non le squadre o le persone in Bahrain. Scherzi a parte, la stampa dovrebbe solo tacere e trattare i fatti, piuttosto che inventare delle storie in merito. La cosa buona del Bahrain è che sembra più democratico di molti altri posti. Le persone hanno il permesso di parlare quando vogliono e possono protestare, se lo vogliono”. Gli affari di cui parla Ecclestone sono noti: se il Circus dovesse essere costretto a rinunciare al GP del Bahrain, salterebbe un accordo di circa 40 milioni di euro.

Lo scorso mercoledì, Ecclestone ha incontrato il direttore del circuito – Sheikh Salman bin Isa al-Khalifa – e il presidente dell’impianto, Zayed R Alzayani. Insieme a loro c’erano anche Sir Frank Williams, Martin Whitmarsh, Christian Horner, Nick Fry e Paul Hembery. Dopo l’incontro, Alzayani ha ridimensionato le voci che circolano, rifacendosi solo a dei piccoli gruppi di persone che manifestano e non ai centomila di cui parlava la stampa: “Ci sono dei problemi provocati da dei ragazzi che hanno bisogno di essere gestiti e guidati nel modo giusto. Devono capire che se hanno dei problemi ci sono dei canali più corretti per renderli noti. Non raggiungeranno i loro obiettivi distruggendo le vite delle loro famiglie, dei loro amici e di tutti coloro che visitano il paese. E’ vero, i fatti accaduti il 14 febbraio del 2011 hanno infiammato gli animi, ma non abbiamo mai avuto problemi legati alla Formula 1, che faceva visita nel nostro paese dal 2004. Tutti continuano a chiedermi della situazione del paese e apprezzo questo interesse, ma chiunque arriva oggi non nota alcuna differenza rispetto a prima. Per questo motivo, spero che la gara arrivi il più presto possibile, per far capire a tutto il Circus come stanno realmente le cose. Il mio messaggio per la Formula 1 è semplice: le chiedo di essere parte della riunificazione del mio paese”.

Alzayani ha concluso con “E’ il momento di riconciliarsi”. Strumentalizzare la F1 per la politica è l’ultima cosa che vorremmo accadesse.

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