F1, iscriversi al campionato 2013 costa fino a 8 volte di più

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Bernie Ecclestone cammina per la Pit Lane del circuito di Singapore. È sabato e le qualifiche sono finite da quel tanto che basta perché l’odore acre di gomma bruciata e di polvere di carbonio si sia già disperso verso lo Stretto di Johor. Camicia bianca, panataloni neri, il solito, inconfondibile cordino del pass che gli finisce dentro la tasca sul petto, un piede davanti all’altro, senza fretta: oggi è una buona giornata.

Mentre passa davanti alla race direction un cronista lo ferma. È un ragazzino, le grandi cuffie sulla testa, un microfono in mano, il gilet colmo di fogli, foglietti, telefoni e chiavi.
“Mr. Ecclestone, è vero che introdurrete un nuovo sistema di entry fee per l’anno prossimo?”“Giovanotto – lo rimprovera Bernie, come parlasse ad un lontano nipote- di due cose non deve mai parlare un vero gentiluomo. Di soldi, e di cosa ha combianto la notte scorsa”.

Strano personaggio, Ecclestone, ma c’è del vero in quel che dice. Già, perché smontare pezzo per pezzo l’architettura finanziaria di quello che ad oggi è lo sport più popolare del mondo sta diventando operazione complicata anche per gli insider più incalliti. 82 anni, figlio di un pescatore del Suffolk, scampato alla Guerra Mondiale grazie ad un negozio di ricambi per automobili e arrivato al management di una scuderia di Formula 1 dopo un brutto incidente in moto, Ecclestone ha negli anni costruito – talvolta non senza una punta di malizia – uno dei più strepitosi imperi economici d’Europa.

Solo recentemente Mr. E. ha manifestato l’intenzione di cedere, prima o poi, il colosso Formula 1, quotandolo in borsa con la primissima IPO della storia della disciplina. 7,6 Miliardi di Dollari è il risultato dell’operazione, una cifra che la dice lunga sulla salute di un Circus che quest’anno ha generato entrate per 2 miliardi di dollari e che punta ad arrivare a 3,3 Miliardi entro il 2016, stando alle cifre di Forbes.

Ma l’IPO di quest’estate non è stata l’unica sorpresa economica di questa stagione F1. Novembre ha visto approvare la proposta per l’innalzamento dei costi di iscrizione al Campionato di Formula 1 del prossimo anno. La “entry Fee”, ovvero la tassa d’iscrizione che tutti i team devono pagare all’organizzatore del campionato, sarà sostanzialmente rivoluzionata, cosa che ha generato non pochi mugugni e borbottii nel paddock e nelle stanze dei bottoni.

La nuova entry fee sarà così composta. Il vincitore del Campionato Costruttori (dunque, Red Bull) dovrà pagare una quota base di 500.000$ più 6.000$ per ogni punto conquistato nel campionato. Per tutti gli altri, la quota base rimane invariata, ma per ogni punto conquistato sarà necessario tirar fuori “solo” 5.000$. Tutto questo va versato alla Federazione entro il 30 Novembre, ovvero tra due giorni.

Facendo i conti della serva, di quanti soldi stiamo parlando? Calcolatrice alla mano, il team di Milton Keynes tirerà fuori qualcosa come 3,26 Milioni di Dollari, Ferrari 2,5 Milioni e McLaren circa 2,39 Milioni. Dall’intera operazione, la F1 conta di racimolare circa 16 Milioni di Euro, spicciolo più, spicciolo meno.

Letta così, d’impatto, pare una decisione assai democratica: chi più ha, più paghi. Inoltre, dice la FIA, questo non cambierà sostanzialmente le carte in tavola per chi a punti ci va poco e che, quindi, si troverà a pagare poco più dei circa 400.000$ necessari per competere lo scorso anno.

Ma non è tutto oro quel che luccica, e se la decisione non sconvolge più di tanto nè Chrstian Horner o Ross Brawn, i cui portafogli sono ben gonfiati dai lauti capitali messi a disposizione dalle casemadri (Red Bull spende ben più di 300 Milioni a stagione per la F1, illustra Forbes), nè quelli della Marussia (che non hanno segnato neppure un punto), altrettanto non si può dire per i team medio-piccoli ma di discreto successo che, come nel caso di Sauber, dovranno tirare fuori circa all’incirca 1,2 Milioni di euro assolutamente non preventivati.

Soldi che andranno nelle tasche della FIA di Jean Todt, che ha recentemente lamentato non solo carenze economiche, ma anche pretese sempre più alte da parte dei team a cui diventa difficile far fronte. “Non stiamo cercando di mettere in difficoltà nessuno” ha detto Todt ai microfoni di James Allen “In quella spesa rientreranno anche i servizi che offriamo ai team e che prima venivano pagati a parte. E poi a pagare di più saranno i più grandi, quelli con maggiori guadagni”. I più maliziosi si chiedono se le stesse regole verranno applicate equamente anche per Ferrari o se alla Scuderia di Maranello verrà riconosciuto, nuovamente, uno status differente dagli altri team. A molti infatti ancora non piace la complicatissima suddivisione del “money prize”, per cui a Ferrari arrivano 17,5 Milioni all’anno a prescindere da risultati e piazzamenti. (dati: Joe Saward, Hindustan Times).

Ad oggi ancora nessuno si è iscritto al Campionato di Formula 1 2013. È la prima volta che succede: di solito la lista si riempe a cavallo tra giugno e luglio dell’anno precedente, ma quest’anno – a parte il nuovo Patto della Concordia – le squadre non sapevano quanto e come dovevano pagare e quindi il carrozzone si è fermato.

Ma Bernie non è preoccupato, anzi. Passeggia ancora un piede davanti all’altro, senza fretta: oggi è una buona giornata.

 

Emanuele Venturoli – RTR Sports Marketing

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