Arrows FA1, storia di un plagio

Shadow contro Arrows. Ovvero la prima vera spy-story conosciuta in Formula 1.

ArrowsFA1

Nel 1978 un folto gruppo di imprenditori decise di creare dal nulla un team di F1. Quegli uomini erano nell’ordine Franco Ambrosio, finanziatore discusso per la provenienza dei suoi capitali, Alan Rees, team principal, e tre uomini della Shadow: Jackie Oliver, delegato ai contatti coperti, Dave Wass, ex tecnico e Tony Southgate, ex progettista.

L’unione delle iniziali dei loro cognomi diede vita al nome della scuderia Arrows. Ma ben più importanti furono le competenze e i disegni acquisiti dalla Shadow DN9, monoposto della scuderia dove la maggioranza dei membri fondatori aveva prestato la propria opera professionale fino all’anno prima.

La FA1 è forse l’esempio della monoposto concepita nell’arco di tempo più breve mai visto in Formula 1, soltanto due mesi. 60 giorni in cui i “padri fondatori” dell’Arrows riuscirono a trovare capitali, piloti, sponsor e creare una monoposto molto competitiva.

Don Nichols, patron della Shadow, fiutò che qualcosa non quadrava quando la monoposto realizzata dai suoi ex dipendenti riuscì, nel corso del Gran Premio del Sudafrica 1978, a condurre le danze per ben 36 giri con alla guida Riccardo Patrese, prima di essere costretta al ritiro a causa di un’avaria del motore. E i dubbi aumentarono quando la vettura conquistò i primi punti mondiali nella successiva gara a Long Beach ed il secondo posto nel Gran Premio di Svezia.

Quelle prestazioni clamorose destarono troppi sospetti.

Nichols, infatti, citò innanzi il tribunale di Londra i 5 membri della neonata scuderia al fine di evidenziare la violazione della proprietà intellettuale dei progetti della propria monoposto, la DN9. I giudici inglesi confermarono la tesi accusatori di Nichols, rilevando come la monoposto dei “magnifici 5” fosse un vero e proprio plagio della monoposto americana. Addirittura, alcune delle parti della monoposto presentavano le stesse marcature Shadow!

La sentenza fu durissima. Il tribunale ordinò ai membri della Arrows di distruggere le tre FA1 che con Patrese e Stommelen avevano partecipato, sino a quel momento, alle gare mondiali, nonché il pagamento di una multa pari all’equivalente all’epoca di 100 milioni di lire ed il risarcimento danni nei confronti del team Shadow per una somma all’epoca pari a 500 milioni di lire.

Il colpo mise in ginocchio la Arrows, ma Southgate e soci riuscirono in un solo mese a disegnare una nuova monoposto, la A1, che conquistò un quarto posto nel Gran Premio del Canada. La Federazione, tuttavia, visto lo scandalo ed il danno di immagine procurato, intervenne impedendo che alla scuderia fossero erogati i bonus dovuti per i risultati ottenuti in pista. Come se non bastassero le accuse di violazione della proprietà intellettuale, la scuderia dovette subire l’onta dell’arresto in Italia di Franco Ambrosio per reati finanziari.

Sembra una storia degna di un libro giallo fatta di disegni rubati, fondi neri, tribunali e manette, appartenente ad un’epoca lontana e rimpianta della Formula 1. Ma, ieri come oggi, non è tutto oro quello che luccica.

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