F1 Story | Hesket racing, un team fuori dal normale

Ostriche e Caviale, nel paddock di quei tempi, erano roba un po’ fuori dagli schemi. Ecco, in breve, la squadra che portò in Formula 1 il campione del mondo ’76, James Hunt.

Hesket HuntUn uomo determinato ed amante della vita. Così, sinteticamente, può essere descritto Lord Alexander Hesket, fondatore dell’omonima scuderia e precursore del mondo glamour che oggi caratterizza i vari paddock della Formula 1.

Alla tenera età di 22 anni, il terzo barone della dinastia Hesket decise che il mondo universitario non faceva per lui, mentre il rumore dei motori e l’odore di benzina bruciata erano molto più confacenti al suo carattere estroverso.

Dopo gli esordi in Formula 3 ed in Formula 2 con risultati tutt’altro che entusiasmanti, il passo successivo fu quello di affacciarsi nel mondo della Formula 1 con al volante il pupillo già supportato nelle categorie inferiori – James Hunt.

Lord Hesket vedeva in quel ribelle dal piede pesante e dal talento sconfinato, il miglior interprete per spremere al limite le proprie vetture. Hunt incarnava in pieno il mito del pilota bello e maledetto, playboy e sprezzante del pericolo, perennemente con la bionda in bocca e le scarpe dalle punte tagliate.

L’esordio nella massima formula avvenne sul circuito più glamour del mondiale – Montecarlo – dove il team, giusto per non passare inosservato, decise di arrivare a bordo di uno yatch di 50 metri accuratamente cosparso di ragazze in costume da bagno.

Hesket, tuttavia, non era uno sprovveduto, ma possedeva un budget  non indifferente ed un fiuto sopraffino nell’individuare gli uomini di giusti per affiancarlo nella sua avventura.

Scelse come responsabile tecnico Harvey Postlethwaite, al quale affidò il compito di modificare la March 731 acquistata per disputare la prima stagione, e la scelta si rivelò azzeccata.

Un nono posto sul circuito monegasco ed un inaspettato secondo gradino del podio a Watkins Glen furono dei risultati esaltanti per i membri del team, e spinsero gli stessi ad impegnarsi a disputare la stagione successiva  con una vettura costruita autonomamente, la Hesket 308, dotata del classico Ford Cosworth.

Anche quella vettura si rivelò ottima per un team giovane ed inesperto come quello inglese, e la conquista di tre terzi posti nei Gran Premi di Austria, Svezia e Stati Uniti e di un quarto posto nel Gp del Canada consentirono a “Hunt the Shunt” – così veniva soprannominato il driver britannico,a seguito dei numerosi incidenti causati – di concludere il campionato in una onesta ottava posizione.

I tempi erano ormai maturi per la consacrazione definitiva nella massima formula, e l’occasione per cogliere la prima vittoria si presentò nella stagione 1975. Il circuito olandese di Zandvoort invaso da un vero e proprio diluvio vide passare per primo sotto la bandiera a scacchi il biondo inglese davanti alla Ferrari 312 T di Niki Lauda.

Pioggia e Lauda, due elementi che ritorneranno nella vita di James Hunt e che ne segneranno la carriera.

La vittoria in terra d’Olanda fu ovviamente festeggiata in modo degno dal team più appariscente di tutto il paddock. L’alcol iniziò a scorrere copioso già in circuito e la festa si protrasse per alcuni giorni nella residenza di Lord Hesket. Mai visto qualcosa di simile, ma nulla di meno ci si poteva attendere da parte di uno staff abituato ad arrivare in circuito a bordo di Rolls Royce ed a cenare a base di aragosta.

I successivi Gran Premi videro Hunt ottenere dei buoni piazzamenti che consentirono sia a lui che al team di piazzarsi al quarto posto in classifica mondiale.

Il genio incompreso di Lord Hesket era dunque riuscito a scrivere, in pochi anni, il suo nome alle spalle dei maggiori costruttori dell’epoca, ovverosia Ferrari, Brabham e McLaren. Fu quello, tuttavia, il canto del cigno per la scuderia meno conformista del paddock.

Il trasferimento di Hunt in McLaren nel 1976 e la partenza di Postlethwaite verso la Williams nella medesima stagione, minarono le fondamenta di un team che pian piano si avviò verso il viale del tramonto.

Ma la memoria di questo bizzarro team rivive nelle slae cinematografiche dove verrà proiettato “Rush”. E sarà interessante constatare quanto sia cambiato, sfortunatamente in peggio, il mondo della Formula 1.

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