Potenza e Stile, ricordando le F1 degli anni migliori

Un viaggio tra le monoposto che hanno fatto la storia del Circus, non solo per vittorie o piazzamenti d’onore, ma per essere rimaste nella memoria degli appassionati come le auto più belle di sempre.

Lotus78Saranno anche gioielli di tecnologia ed efficienza, ma anche l’occhio vuole la sua parte. Così, le nuove monoposto di F1 che scenderanno in pista nel 2014 hanno lasciato l’amaro in bocca a molti appassionati.

Se già al termine della scorsa stagione era circolato qualche disegno riguardante il futuro design delle vetture, in molti speravano che la fantasia dei progettisti non risultasse limitata dalle nuove norme.  E, in parte, così è stato. La fantasia non è stata per nulla imbrigliata. Solo che qualcuno ha partorito monoposto da bollino rosso, vietate ai minori per via di musetti che oltremanica hanno definito, senza giri di parole, penis-nose. 

Il grido di sommossa del popolo del web non si è fatto attendere, perchè va bene l’innovazione, la ricerca, la sperimentazione, ma anche l’occhio dell’esteta va accontentato. Ed è in questo senso che la FIA vuole porre già rimedio, andando a modificare immediatamente le regole in vista del 2015.

In questa domenica lontani dalle piste e a motori spenti, vogliamo fare i nostalgici e rimembrare i bei tempi andati, quando i circuiti erano tempestati di opere d’arte dotate di ruote e motore. E dunque quale auto migliore da cui prendere spunto se non la Lotus 78? La regina dell’evoluzione aerodinamica unita all’eleganza della livrea nero oro JPS è ancora oggi un’icona di stile inarrivabile. Le lunghe pance laterali che incorniciano le minigonne e si sollevano in prossimità degli enormi Goodyear posteriori, nascondo il frutto della ricerca aerodinamica rischiosa e fatta in casa dell’effetto suolo, ma consegnano all’Olimpo delle monoposto “forever beauty” la creatura di Colin Chapman.

Clay Regazzoni 312T2Sempre nei favolosi anni 70 un’altra icona di eleganza è stata la Ferrari 312T2. Abbandonati finalmente gli enormi airscope, il team di Forghieri decide che per raffreddare il V12 made in Maranello è il caso di incidere la sacra livrea rossa. Il risultato è incantevole. Due enormi prese naca bianche si scagliano sul rosso della carrozzeria ed a coronamento di questo sublime insieme spiccano il logo del cavallino rampante ed il nome del pilota scritto in corsivo.

A differenza dei nostri giorni,  i tentativi di sperimentazione estrema dell’epoca non hanno dato luogo ad orribili creature come quelle viste in questi giorni. Si prenda ad esempio la Tyrrel P34 avveniristico tentativo di raddoppiare l’asse anteriore per ridurre la resistenza all’avanzamento. Per non disorientare il pilota, due oblò ai lati dell’abitacolo al fine di controllare dove si trovassero le 4 ruote anteriori. Un’eleganza discreta, sottolineata da un blu macchiato giallo e da uno sponsor, Elf, che ben sposava la linea cromatica della creatura di zio Ken.

Che dire, altrimenti, della Brabham BT46? Elegante e irresistibile anche con una ventola enorme infilata nel di dietro, caratterizzata da una quasi totale assenza di pance laterali, veri e propri dispositivi aerodinamici, nonchè da una linea a cuneo esaltata da una cover del motore futuristica. La livrea rossa – in onore al motorista Alfa Romeo – e blu – in onore allo sponsor Parmalat – ha turbato i sogni di chi, nei favolosi 70, era poco più che un ragazzino.

Anche il periodo d’oro del Turbo, quello originale fatto di potenza bruta e turbo lag esagerati, ha regalato capolavori degni di essere citati nei libri di storia dell’arte. Nell’ordine, la Ferrari 126 C2 dea in carbonio, tanto bella quanto letale per Villeneuve e Pironi. La Brabham BT52, vera e propria freccia turbocompressa disegnata dalla matita perversa di Gordon Murray. La Brabham BT55, esageratamente rasoterra, alta due dita, esponente del migliore made in Italy dell’epoca per via dei piloti – Patrese e De Angelis – e degli sponsor. La Tyrrell 012, trionfo dello spigolo vivo e capace di attrarre gli sguardi grazie al verde Benetton, sapientemente mescolato col nero, come motivo predominante.

Anche gli anni 90, e il ritorno dei motori aspirati, hanno dato ai progettisti la possibilità di  sbizarrirsi in linee che diventano subito un instant classic. La monoposto che più di tutte incarna la vera essenza della Formula 1 è senza ombra di dubbio la McLaren MP4/6. Tesa, pronta a cacciare la preda, indimenticabile nella storica livrea Marlboro bianco rossa e rimasta nell’immaginario collettivo con alla guida l’uomo dal casco giallo, unico vero interprete di quella vettura, Ayrton Senna.

Nuovamente non possiamo che citare Ken Tyrrell che si presenta al mondo delle competizioni con una monoposto estremamente elegante ed al contempo innovativa. La Tyrrell 019 stupisce tutti con un muso talmente alto da ricordare un gabbiano, affascina i fan e diventa l’esponente di un nuovo capitolo della ricerca aerodinamica.

Anche la neonata Jordan ammalia il mondo grazie ad una vettura che sposta alla perfezione l’armonia delle linee e la gradevolezza cromatica. La 191 sfoggia con eleganza la verde livrea 7Up, e mostra al mondo non solo un timido accenno di muso alto unito ad una carrozzeria stesa come una seconda pelle sulla carrozzeria. E, nonostante tutto, rimarrà anche nella storia per aver permesso ad un giovanotto tedesco di debuttare nel Circus. Lo stesso che avrebbe riscritto tutti i record della Formual 1 da lì a poco tempo: Michael Schumacher.

Venne poi il tempo di Newey. Il punto di riferimento dell’ingegneria in Formula 1 ha sempre cercato di creare monoposto che non fossero solo veloci ma anche esteticamente apprezzabili. Alcuni esempi? La Williams Fw 19 che coniuga perfettamente aerodinamica e stile, introducendo nuovi concetti come l’airscope rialzato; la McLaren Mp4/14 che interpreta in maniera superba i regolamenti introdotti l’anno precedente (1998) . Dalle sapienti mani di Adrian Newey viene creata una monoposto perfetta, bellissima, elegante nella sua livrea West, innovativa grazie a soluzioni come le ali ai lati del telaio o i mega deviatori ai lati dell’abitacolo o le pinne davanti le ruote posteriori. Tecnica e bellezza sempre a braccetto per Newey.

Ma anche in quel di Maranello le due entità sono andate di pari passo dal 2000 in poi. Il padre spirituale di quelle vetture imbattibili, Rory Byrne, ha regalato al mondo dei motori dei capolavori assoluti di design. La F1 – 2000 intraprende una strada concettuale sino ad allora sconosciuta in Ferrari, l’esasperazione aerodinamica. Un muso altissimo all’apparenza fragile, delle pance dallo sguardo triste, le protezioni laterali della testa del pilota separate dal poggiatesta, tutto è proteso alla massima efficenza aerodinamica dopo anni di monoposto conservative. Il risultato, oltre che alla agognata riconqusista del mondiale piloti, è una monoposto bellissima, fiera di poter rivaleggiare a testa alta contro il resto del gruppo.

f2002

Ma quello che resta il capolavoro di Byrne è senza dubbio la F2002. Il settimanale Autosprint, il giorno della presentazione, dichiarò senza mezzi termini “la resa della meccanica all’aerodinamica”. Una monoposto avanti anni luce rispetto alla concorrenza, caratterizzata da un retrotreno miniaturizzato tanto da presentare gli scarichi a periscopio carenati. Una vettura che dominò la stagione 2002 e fu oggetto dei disegni di tutti i fan, giovani e non, dell’epoca. Ma a contenre il trono della più bella è sicuramente la Ferrari F2008. Entrambe le Rosse sono un tripudio di appendici, musi col bridge, corna e buchi sul muso. Entrambe estremizzano la ricerca aerodinamica ma, nonostante ciò, consentono agli spettatori a casa ed in tv di ammirare due opere d’arte, due divinità in carbonio ancora rimpiante.

Con i regolamenti 2009, ciò che fino ad allora era stata poesia e design è venuto meno. Alettoni enormi, scalini ed adesso musi dalle forme controverse, hanno snaturato ciò che per anni ha accompagnato il mondo dei Gran Premi, ovvero monoposto belle, potenti e decisamente rumorose.  La rivoluzione tecnica del 2014 ha fatto il resto.

Sarebbe impossibile, in così poco tempo e spazio, elencare tutte le opere d’arte che ci hanno fatto avvicinare nel corso degli anni a questo sport. L’augurio è che dopo una stagione di rodagggio come quella che sta per iniziare, si possa trovare per gli anni a venire una soluzione che coniughi bellezza ed efficenza, ma, soprattutto, che faccia nuovamente tornare ogni appassionato a pensare ad una F1 come l’oggetto del desiderio per eccellenza.

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