Senna e il Gp del Brasile: un rapporto controverso

La gara di casa è spesso stata stregata per Ayrton che però ha lasciato il segno con due grandi successi

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Nemo propheta in patria? Sicuramente non per la gente del suo Brasile che, ancora oggi, lo ama e venera come una divinità. Ma la sempreverde locuzione latina si accosta, purtroppo, alla perfezione ai risultati ottenuti da Ayrton Senna nei Gp del Brasile disputati in carriera. Due sole vittorie su undici gare, infatti, è il bottino un po’ gramo raccolto nella terra d’origine, fustigato da tanti episodi controversi uniti a sfortuna, che non hanno consentito al campione di trionfare maggiormente davanti ai tantissimi tifosi assiepati sulle tribune delle piste di Jacarepaguà e Interlagos. Ma è anche vero che le uniche volte in cui Senna è salito sul gradino più alto del podio, nel 1991 e nel 1993, lo ha fatto alla grandissima, disputando corse memorabili, autentici capolavori assoluti in una carriera da urlo e impressi nella storia di questo sport. Come se proprio dall’adorato Brasile, con due gemme, abbia voluto fornire dimostrazione lampante a tutto il mondo del suo modo unico di correre e di quanto fosse formidabile il suo talento.

E pensare che lo Stato carioca è stato testimone del battesimo di Ayrton in F1 quando, il 25 marzo del 1984, esordì ufficialmente nel Circus sulla pista di Rio de Janeiro. Un debutto sfortunato caratterizzato dal ritiro nelle prime fasi di gara per la rottura del turbo Hart, dopo l’ottima qualifica con un tempo di circa due secondi più rapido del compagno Cecotto e la risalita fino alla 13° posizione. Fu la prima di una lunga serie di delusioni davanti al pubblico di casa, che proseguì già l’anno successivo, nel 1985, al volante di una vettura nettamente più competitiva: la Lotus. Quarto in griglia staccato di soli tre decimi da Elio De Angelis, Senna dovette alzare bandiera bianca al giro numero 48 per problemi di elettronica quando era saldamente al terzo posto. Nel 1986, finalmente, ha la possibilità di concludere la gara dimostrando anche i segni distintivi della sua innata confidenza con la velocità e del proprio furore agonistico nella pirotecnica fase iniziale del Gp. Nelle prove è indiscutibilmente il più veloce di tutti, ma in gara nulla può contro le super Williams-Honda di Piquet e Mansell. Ma a quest’ultimo renderà cara la pelle dando avvio ad una serie di acerrimi duelli. Parte in testa ma, nel lungo rettilineo di Jacarepaguà, Mansell gli prende la scia e lo affianca. Il sorpasso sembra ormai scontato in frenata ma Senna tira fino all’ultimo la staccata resistendo strenuamente all’esterno, i due si toccano e la Williams finisce fuori pista. Ayrton verrà poi superato dal connazionale Piquet e terminerà al secondo posto.

Invertita la rotta dei risultati negativi? Nemmeno per sogno, perché nei tre anni seguenti, il Gp del Brasile continuerà ad essere stregato per lui con due ritiri e una squalifica nel 1988, all’esordio con la Mclaren, nonostante due pole position. E non finisce qui, perché nel 1990 è costretto ad assistere alla vittoria del rivale per antonomasia Prost dopo che Nakajima gli frantuma l’alettone al momento del doppiaggio, quando era in testa. Sarà solo terzo al traguardo.

Ma a quel punto arriva la prima perla del riscatto, nel 1991 sul circuito di Interlagos. Vince con la sola sesta marcia riuscendo a mantenere miracolosamente la monoposto in pista tra dolori lancinanti alle braccia e alle mani. Ritorno all’antico nel 1992, con un altro ritiro per problemi elettrici al propulsore Honda mentre nel 1993 ecco un altro, grande successo conquistato contro ogni pronostico. La sua Mclaren, motorizzata Ford, è nettamente inferiore alle Williams-Renault di Prost e Hill ma la consueta maestria, e un po’ di aiuto dal cielo, lo portano nuovamente sul tetto del mondo. Appena la pioggia aumenta d’intensità, Prost fa harakiri finendo addosso alla Minardi di Fittipaldi mentre, dopo l’ingresso della Safety-Car, Senna va a sverniciare letteralmente Hill proprio mentre la pista inizia ad asciugarsi, andando a vincere tra il tripudio dei brasiliani ubriachi di gioia.

Nell’edizione del 1994, infine, la pole con l’agognata Williams, la strategia vincente di Schumacher che lo supera ai box, il forsennato inseguimento al tedesco, il recupero, il testacoda alla curva Juncao, il ritiro. L’ultimo, in Brasile perché poi il arriva il primo maggio: vola via la vita del campione e inizia il mito.

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