Maldonado prigioniero di se stesso, ma Gillan lo difende

Il trionfo di Barcellona un’esplosione festosa di gioia, talento, attitudine. Al fine settimana perfetto di Pastor Maldonado, splendido vincitore in Catalogna, non hanno però fatto seguito prestazioni limpide ma quattro Gran premi a secco, con errori (meglio orrori) di una certa gravità.

Pastor è un pilota veloce, mentalmente molto sicuro di sè, “cattivo” oltre ogni limite. In questo ricorda Juan Pablo Montoya, un altro sudamericano dal carattere molto latino. Per gente così alzare in piede il bagarre equivale a una sconfitta.

Bisogna tenere giù al di là del risultato, sono piloti vecchio stampo. E’ un codice d’onore, è un modo per dimostrare di valere, per lasciarsi dietro tutti i “complessi di inferiorità” verso quei fighetti di piloti europei. Maldonado è così; ma l’immagine del  pilota che lotta con il coltello tra i denti rischia di lasciare il posto a quella di un “pirata” goffo e maldestro.

L’arrembanza diventa irruenza, la danza armonica tra le curve un balletto sgraziato, l’acceleratore una condanna e il freno un lusso. E non è un caso se, dopo l’incidente di Silverstone, Sergio Perez gli abbia dato in mondovisione dell’“idiota”. Il messicano non è uno “stinco di santo” eppure è esausto dei derby ravvicinati con Maldonado. Quello della Gran Bretagna è stato il secondo dopo la fiancata nelle libere di Montecarlo, un’altra maldonadata degna di nota.

Per non parlare dell’attacco sconsiderato e forzato nei confronti di Hamilton a Valencia. Insomma il venezuelano fino a dieci non riesce a contare. E siamo certi che l’istinto mai come questa volta è frutto di una scelta calcolata. Un modo d’essere di un pilota che rischia di diventare schiavo del suo personaggio.

Il passo dallo spettacolo al circo è fin troppo breve, e Pastor nelle ultime due gare sembra aver subito una metamorfosi kafkiana, di quelle anguste, claustrofobiche, soffocanti. Se non ne esce quanto prima rischia di passare alla storia come un pazzo scatenato e non come il pilota che ha riportato la Williams al trionfo dopo otto anni.

E forse, visto il piede pesante che  ha, non se lo merita. Di questo avviso è anche l’ingegnere capo operazioni della Williams Mark Gillan, che ha difeso a spada tratta il suo pilota:

Secondo noi Pastor non ha tutte le colpe per l’incidente con Perez. Maldonado è un vero combattente, in pista è aggressivo ma nelle ultime gare abbiamo fatto qualche incidente. Per me sono semplici incidenti di gara. Penso che il ragazzo sia stato solo sfortunato, non riesco a vedere dell’altro. Noi comunque gli abbiamo parlato, gli abbiamo detto che deve portare al traguardo la macchina ma domenica lui ha frenato sulle linee e ha perso aderenza. Per questo ha colpito Perez, non lo ha fatto di certo apposta. Comunque il punto di forza di Pastor è la testa. E’ un pilota determinato che spinge come un matto ed è molto veloce. E dato che è un pilota davvero forte quanto è accaduto nelle ultime gare non ci preoccupa per niente”.

Dalle parole di Gillan esce lo stesso profilo di Maldonado descritto da Frank Williams qualche tempo fa. Ovvero quello di un pilota molto deciso e caratterialmente determinato. Che rischia però di perdersi del tutto se non esce fuori da questo suo “personaggio” ante litteram.

Il venezuelano deve crescere, maturare, perchè va bene avere “testa” nel senso di convinzione e autostima ma bisogna saperla usare anche nei duelli con gli avversari. Attaccare si, ragionare anche. Altrimenti un punto di forza come la combattività diventa il peggiore dei “talloni d’Achille”.

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