Brundle: “Piloti paganti? Non sempre manca talento”

L’ex pilota inglese parla della questione dei piloti paganti: un fenomeno in preoccupante aumento anche a causa dei costi sempre più alti per competere in Formula 1.

partenza australiaTroppi piloti paganti in Formula 1? Secondo Martin Brundle, ex pilota e ora commentatore Sky, la risposta sembra essere affermativa. Dal palco dell’evento Autosport International, a Birmingham, l’inglese ha fatto notare come stia diventando sempre più presente nel campionato della massima serie automobilistica, la presenza di drivers con la valigia.

“Il problema principale – ha detto Brundle – è che bisognerebbe evitare che fosse così costoso far correre le auto. In questo modo non si avrebbe più bisogno di cercare tutti quei soldi”. Non si può negare, infatti, che i costi per competere in Formula 1 siano talmente ingenti da rendere impensabile la sopravvivenza dei team senza gli sponsor: “In un modo o nell’altro bisogna trovare qualcuno che paghi. Che sia Santander seguendo Alonso, oppure la Vodafone quando insistette per avere Hamilton e Button per il mercato inglese, da qualche parte bisogna trovare qualcuno che ci metta i soldi”.

Uno degli esempi più recenti, a cui lo stesso Brundle fa riferimento, è senza dubbio quello della Lotus, divenuta protagonista dell’ultima parte della stagione 2013 più per i suoi problemi di liquidità che per i risultati in pista. E cos’ha fatto, quindi, la Lotus per ritrovare un po’ di respiro? Ha dato uno dei suoi sedili a Pastor Maldonado che, com’è noto, può contare su una bella valigia di dollari da mettere a disposizione del suo nuovo team.

Esiste, quindi, un vero e proprio “problema” piloti paganti nel circus? “Non c’è dubbio che sia un fenomeno sempre più presente sulla griglia di partenza – continua Brundle – ma non è detto che un pilota pagante non possa essere un pilota di alto livello.” A tal proposito il cronista della TV inglese prende come esempio Niki Lauda che “dovette chiedere un prestito per pagarsi i suoi primi anni da pilota di Formula 1” e ammette che anche lui non fu immune da tal problema “Io stesso – continua – promisi a Ken Tyrrel 150.000 sterline per correre anche se non le avevo. Fortunatamente lui mi disse che sapeva che io non avevo a disposizione quella somma, ma che mi voleva comunque come suo pilota”.

Togliendo, quindi, tutte le ipocrisie, il fattore “valigia” è sempre stato presente nel mondo della Formula 1, solo che oggi sembra essere ai massimi storici e diventare un problema molto serio per quei piloti che si vedono soffiare il posto da colleghi che sicuramente non sono dotati di più talento: “E’ triste e snervante vedere piloti come Paul di Resta rimanere senza sedile sapendo che altri ce l’hanno solo perché portano soldi”.

La soluzione che propone Brundle e che sembra quella migliore affinché a prevalere sia il talento al posto degli sponsor sarebbe che fosse la Formula 1 stessa, come federazione, a tener d’occhio e finanziare i piloti più meritevoli nelle junior series in modo da far prevalere veramente il talento. Ma siamo sicuri che questo basterebbe?

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